Materiale didattico pastorale

Io Mario Lugli – della rete clandestina di soccorso creata con don Elio – mi trovavo in piazza Mazzini verso mezzogiorno. Mia sorella mi raggiunse trafelala, e mi annunciò: «Vieni subito a casa. Poveri noi: è piena di gente venuta da chi sa dove; sono ebrei. Vieni subito, non sappiamo più cosa fare».

Precipitatomi in via Ganaceto, trovai nelle mie stanze una trentina di persone. Avevano tutti un viso da mettere compassione. Trenta persone! Ma dove, come sistemarle? E da dove venivano? Da Ferrara, quasi tutti. A Ferrara era stato ucciso la notte prima il federale repubblicano, e i tedeschi avevano iniziato una rappresaglia contro gli ebrei ritenuti i principali colpevoli. Questi erano fuggiti con una valigia appena; fuggiti con il terrore negli occhi che si leggeva ogni qualvolta ti guardassero in faccia. Due fratelli di cognome Bazzani, uno dei quali ammalato, una povera vecchia di 80 anni che tremava come una foglia al solo fare il nome «tedeschi», con due figli fra cui uno tubercolotico, il rabbino di Ferrara Leone Leoni con la moglie e due figli, i signori Bergman pure con la famiglia al completo, e altri. Tutta una povera umanità braccata dalle SS., sola, pietosamente indifesa, avvilita.

La situazione era grave e io non sapevo che pesci prendere. Mentre quelli si riposavano o si rifocillavano, decisi di recarmi da Don Monari alla canonica di San Biagio. Don Elio, mi accolse sorridendo e mi offrì una sigaretta: le teneva sempre in tasca anche se lui non fumava. Mi fece sedere. Quando gli ebbi raccontato tutto proprio con il cuore in gola, mi rispose quasi contento: «Bene, non si preoccupi; sistemeremo tutto, anche presto; stia tranquillo». Ecco: per lui era una cosa da ridere; invece a me faceva quasi disperare. Don Elio cominciò a telefonare, a cercare, a girare a destra e a manca. Dopo poco tempo, dopo poche ore possiamo dire, chi presso una famiglia, chi presso un’altra, chi in campagna, chi in città, tutti trovarono alloggio, del pane, un letto per dormire, degli amici. Alcuni furono sistemati presso una Casa di cura, altri all’ospedale: «Avevano tanta paura, erano tanto sfiniti che parevano tutti ammalati». ln casa mia rimasero solo i fratelli Bassani.