Luigi Paganelli viene arrestato il 20 maggio del 1944 e rilasciato il 1 luglio 1944
Don Arrigo Beccari anno di nascita 1909. Ordinato sacerdote nel 1933, è insegnante nel Seminario Minore di Nonantola, nonché suo economo. Dal 1940 è parroco a Rubbiara di Nonantola, dove rimarrà fino alla morte.
Insegnante insieme a don Elio assieme a Nonantola (don Elio insegna dal 5 gennaio 1936 al 5 settembre dello stesso anno poi va a Montombraro, ma frequenta l’Università, dal 37 è di fatto vice assistente della GIAC).
“Don Monari di Modena, quell’ardente sacerdote che fece un bene immenso tra i giovani e che è
stato fucilato dai nazifascisti perché patriota, veniva spesso per alcuni anni da me, sempre
proponendomi di studiare un modo di unirci tra noi sacerdoti per realizzare in più vasta scala
l’Opera Piccoli Apostoli (don Zeno Saltini)”
Nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 1943 sottoscrizione dello Statuto Sacerdoti piccoli apostoli con altri 5. Si sono già ritrovati il 22 gennaio con i 40 preti delle tre diocesi di Modena, Nonantola Carpi a S. Giacomo per discutere del progetto con don Zeno ma con un nulla di fatto.
Profonda sintonia di intenti orientata ad un’azione comune e coordinata: Don Arrigo definisce così questa esperienza: “Non era un ‘amicizia comune tra sacerdoti, era un’amicizia particolare, spirituale, profondamente vera… Era un’amicizia tra persone che volevano fare cose concrete [amicizia fattiva non autoreferenziale come si dice ora] che traducessero in pratica il concetto di fratellanza cristiana” [1].
- COME PARLANO DI SÉ STESSI: La qualità di questo legame tra sacerdoti si scopre dai particolari del linguaggio usato da don Arrigo e don Ennio, soprattutto l’uso del pronome personale “noi”.
[Don Ennio: …era necessario fare la carta di identità perché era già dei perseguitati politici, e dovevano comparire di essere degli altri e si facevano anche queste carte di identità. Allora c’era già questa ramificazione, don Monari da S. Biagio di Modena, lui si teneva in relazione con noi e ci smistava ebrei che venivano anche da Firenze. Ricordo che una volta, quando si arrivava a mangiare al mezzogiorno a tavola, sentivo suonare il campanello della porta del Seminario; dico: “Ci siamo!”. Noi sapevamo che doveva mandarci circa in quell’orario lì. Si andava là a sentire, si presentava questa gente, questi forestieri con queste letterine di don Monari. Anche Martini, per esempio, quando è sfuggito dall’Ospedale dove restò ferito e che don Monari è riuscito a farlo scappare, che poi si è nascosto, mi sembra, nella zona di Casinalbo. Incontro a Nomadelfia con Paganelli ecc. 1984]
DON ENNIO: [In particolare noi avevamo una famiglia di Piccoli Apostoli presso don Beccari a Rubbiara, che adesso salterà fuori spesso perché diventa come il centro principale della organizzazione della Resistenza per quello che è il nostro lavoro (don Ennio, Paganelli, Nomadelfia ’84)
Io ero insegnante con don Beccari in Seminario a Nonantola. Io non mi ero ancora staccato dalla Diocesi di Modena ed entrato diciamo direttamente con don Zeno coi Piccoli Apostoli, né a Casinalbo, né a S. Giacomo.
Però a Rubbiara c’era una famiglia di una mamma di vocazione: la Mafalda, perché anche don Beccari era uno dei Sacerdoti che collaboravano e che erano insieme con don Zeno. Si erano trovati insieme nel Congresso dei Sacerdoti Piccoli Apostoli ed avevano già iniziato questa attività di tutto questo Clero, col permesso dei nostri Vescovi Ordinari. Erano, diciamo, d’accordo su queste iniziative, su questa fraternità di apostolato tra i Sacerdoti.
Cosa è avvenuto? Che han cominciato a presentarsi a noi le vittime della persecuzione. Si era creato l’Esercito Repubblichino, quindi la Repubblica di Salò. Subito son saltati fuori quelle personalità che erano degli antifascisti. Quindi loro [i fascisti] subito hanno cominciato a cercare in qua e in là, a Modena…, questi che erano già segnalati come antifascisti. Allora da noi ha incominciato a venire questa gente per fuggire.
E a Rubbiara ricordo, siccome era una parrocchietta un po’ nascosta, avevamo anche dei bugigattoli, delle camerette che abbiamo incominciato ad adattare per potere nascondere. Ha cominciato a venire Ennio Pacchioni, che era del Partito d’Azione. Allora era il capo del Partito d’Azione a Modena, modenese, che dopo poi si è salvato, è rimasto lì a Rubbiara diversi mesi, proprio nascosto.
Poi è venuto l’avvocato Frattini; anche lui ricercato e comincia… Poi a Nonantola c’era la Villa Emma cosiddetta, che era una centrale degli ebrei. Prima una centrale della gioventù ebraica che smistavano: venivano dall’Oriente, dalla Jugoslavia anche eccetera, e si fermavano lì a Villa Emma e facevano… Anche giovani rimasti senza famiglia; era una specie di Collegio ebraico: li raccoglievano, poi crescevano e li rimandavano altrove, in altre zone. Ma però tutto è cominciato con la persecuzione razzista, dove c’erano i tedeschi specialmente nella Jugoslavia…, dove erano occupati direttamente, lì hanno cominciato subito la persecuzione contro gli ebrei.
Quindi loro scappavano. Allora quelli che erano lì sono stati subito indirizzati verso la Svizzera, e poi man mano venivano da queste zone perseguitate, passavano attraverso l’Italia, era un passaggio inevitabile specialmente per quelli che venivano dai popoli slavi, cercavano di poter trovare i mezzi per raggiungere il confine svizzero e andare oltre. Siccome si erano dati la voce che lì a Nonantola c’era il modo di potere avere questi documenti da potere poi dopo arrivare più facilmente a passare e a orientarsi verso il confine svizzero; allora abbiamo cominciato a vedere l’arrivo di questa gente.
Ci siam domandati: Beh, adesso come facciamo noi? A questa gente bisogna dare delle carte clandestine da potere girare, da poter… Perseguitati politici e poi anche i giovani stessi che non volevano arruolarsi erano costretti: “O che noi ci facciamo fare di queste carte…”. Cioè il bisogno di trovare un sistema di difendersi. Allora con don Arrigo è venuta l’idea, dato questo fatto di queste vittime della persecuzione che si rivolgevano a noi e noi in coscienza eravamo tenuti a difenderli come fa il sacerdote per chiunque. Voi di fronte a uno che gli corrono dietro, lo perseguitano si trovano… Don Ennio: Eh!,
Don Ennio: E l’altro poi ci passava le carte di identità dal Comune di Nonantola; quindi anche quello lì per certi casi era necessario fare la carta di identità perché era già dei perseguitati politici, e dovevano comparire di essere degli altri e si facevano anche queste carte di identità….
Allora c’era già questa ramificazione, don Monari da S. Biagio di Modena, lui si teneva in relazione con noi e ci smistava ebrei che venivano anche da Firenze. Ricordo che una volta, quando si arrivava a mangiare al mezzogiorno a tavola, sentivo suonare il campanello della porta del Seminario; dico: “Ci siamo!”. Noi sapevamo che doveva mandarci circa in quell’orario lì. Si andava là a sentire, si presentava questa gente, questi forestieri con queste letterine di don Monari.
Anche Martini, per esempio, quando è sfuggito dall’Ospedale dove restò ferito e che don Monari è riuscito a farlo scappare, che poi si è poi nascosto, mi sembra, nella zona di Casinalbo.
Prof. Paganelli: È probabile, non ricordo bene, ma se lo dici tu.
Don Ennio: Quella zona lì. Sì, di Casinalbo. Perché dopo coinvolge il fatto che dopo don Ivo fu accusato di averlo lui stesso protetto e nascosto nelle zone lì intorno a Casinalbo, quella zona lì. Perché uscito dall’Ospedale, don Monari ha dovuto scappare perché oramai era indiziato. Lui lo aveva fatto sfuggire poi lo aveva indirizzato verso Casinalbo, lì c’era don Ivo il quale aveva dovuto cercare una famiglia della zona presso cui poterlo nascondere….
…. Allora avevano già circondato tutto il Seminario, ecco perché loro, han detto queste ausiliarie: Eeeeh!, Poi tutti, il Seminario, sono venuti su. E io ricordo…
Prof. Paganelli: E avevano i vostri due nomi?
Don Ennio: Sì! Precisi, si! Si sono fermati nella camera di don Beccari, che era la prima all’entrata del corridoio. Io avevo di là le due scatole coi timbri, i sedici timbri e tutti i moduli delle carte per stampare (fare i documenti); è stato proprio un momento, così di colpo: prendi questa roba che era nel cassetto, corri in fondo al corridoio, avevamo la biblioteca del Seminario, apro, butto queste scatole dietro ai volumi dei libri, esco fuori e a metà corridoio, col fucile puntato].
ALTRA REGISTRAZIONE DI L. PAGANELLI A NOMADELFIA 1984
- COME NE PARLANO GLI ALTRI: SEMPRE AL PLURALE COME SI PARLA DI UN GRUPPO
[Intanto mi permetto di scriverle quanto segue su un fatto spirituale che confido sarà di consolazione all’Ecc. Vostra. D. Beccari, D. Tardini, D. Monari si sentono trasportati a collaborare con l’Opera Piccoli Apostoli disposti a fare tutto quel bene che insieme possiamo svolgere al fine preciso di indurre le masse popolari a ritornare a Dio nella santificazione delle loro giuste aspirazioni cristiano-sociali secondo anche l’ultimo messaggio natalizio del Santo Padre. (D. Zeno vescovo di Modena Mons. Cesare Boccoleri 2/2/43)]
[Don Monari di Modena, quell’ardente sacerdote che fece un bene immenso tra i giovani e che è stato fucilato dai nazifascisti perché patriota, veniva spesso per alcuni anni da me, sempre proponendomi di studiare un modo di unirci tra noi sacerdoti per realizzare in più vasta scala l’Opera Piccoli Apostoli.
Le difficoltà erano molte, specie nel campo giuridico.
Finalmente la notte del 22 gennaio 1943, anniversario dell’Opera, una quarantina di sacerdoti della provincia, dopo lo spettacolo serale, si trattennero in una sala del palazzo affrontando con me l’arduo problema.
Venne il mattino, ma, nonostante ogni sforzo, nulla si poté concludere.
La notte dal 2 al 3 febbraio seguente ci ritrovammo in sette; e finimmo di accettare e sottoscrivere la seguente promessa:
I – I Sacerdoti Piccoli Apostoli sono sacerdoti secolari che si affratellano con vincolo di parentela soprannaturale, avente gli stessi effetti pratici della parentela naturale, a fine di meglio potenziare la loro attività pastorale, in ordine e conformità alle direttive dei rispettivi propri Ordinari.
II – A questo fine si impegnano:
- A) a praticare in modo eroico il “mandatum novum” (comandamento nuovo) amandosi ed aiutandosi l’un l’altro come veri fratelli.
- B) oltre a non accumulare e conservare beni patrimoniali per sé e per altri, a mettere al servizio delle loro attività pastorali ogni provento economico di cui possono liberamente disporre a norma dei Sacri Canoni.
- C) a immolarsi corpo ed anima nel santificare tutte le forme della vita del popolo, percorrendo e precorrendo l’indole e l’esigenza dei tempi.
III – Promuovono e dirigono le iniziative dell’Opera Piccoli Apostoli delegando alle singole forme generali concretizzate o da concretizzare, uno o più Piccoli Apostoli.
IV – In particolare si assumono la paternità completa sui membri componenti le famiglie dei Piccoli Apostoli, paternità che verrà esercitata in modo speciale da uno o più di loro, scelti d’accordo con i Rev.mi Ordinari.
V – Vogliono modellare se stessi ed il popolo sulla Divina Figura di Cristo Salvatore, che per restaurare la dignità umana diede la sua stessa vita.
VI – Scelgono come protettori la Vergine Madre e i SS. Apostoli.
VII – I Sacerdoti Piccoli Apostoli formano il Consiglio Direttivo Generale dell’Opera, che è presieduto da uno di loro, nominato dal Consiglio stesso; la esecuzione delle delibere del Consiglio è demandata ad un direttore Sacerdote Piccolo Apostolo, nominato dal Consiglio stesso. Questo Direttore si assume di fronte ai terzi ogni responsabilità morale e giuridica derivante dall’esercizio della sua mansione.
VIII – Ciascun Sacerdote Piccolo Apostolo promette in coscienza di ritirarsi dall’Opera, qualora non si senta in grado di continuare ad appartenervi. L’Opera si impegna di assicurargli un aiuto proporzionato alle sue necessità, “donec provideatur”.
- Giacomo Roncole 2-3 febbraio 1943 (Archivio Nomadelfia, 1945?) ]
[E presso i Parroci, questi Parroci che erano quelli che avevano accolto l’invito di don Zeno di mettersi insieme, di creare l’Unum dei Sacerdoti come si era creato l’Unum dei Piccoli Apostoli e del popolo. Noi avevamo formato il Congresso dei Sacerdoti Piccoli Apostoli, ci siam trovati insieme, abbiamo studiato un piano apostolico nel popolo, già collegati tra di loro nelle iniziative. Però eravamo già in diciassette sacerdoti, tra i quali poi anche don Monari, don Elio Monari, si era aggiunto e già collaborava con noi. Ogni sacerdote però rimaneva nell’attività in cui si trovava prima pur cercando di creare questa, diciamo, collegamento e questa unione dei Sacerdoti. Doveva l’inizio della rivoluzione del Clero. Diceva sempre don Zeno: Prima di chiamare a fraternizzarsi il popolo, noi sacerdoti dobbiamo essere quelli che danno l’esempio: fraternizziamoci fra di noi (Archivio Nomadelfia, Incontro con prof Paganelli, ecc 1984)]
[(don Ennio) …. e ricordo che nel 43 don Zeno mentre diceva al popolo bisogna fraternizzarsi disse: voialtri preti, noialtri preti chiamiamo il popolo a fraternizzarsi ma noi cosa facciamo? E allora prima fraternizziamoci fra noi preti e dopo dalla nostra fraternità proietteremo sul popolo questa onda di unione insieme. Lui ha fatto nel ‘43 l’Unione dei Sacerdoti piccoli Apostoli e don Elio Monari è uno dei sette dei firmatari che ha firmato; c’era già il fermento. Ecco perché all’arrivo dell’ultima fase violenta e feroce della tirannia per forza si è creato il bisogno di creare questa rete clandestina per difendere ebrei, perseguitati politici, ragazzi che non volevano arruolarsi nell’esercito repubblichino e chiunque insomma si sentiva indifeso e perseguitato e antifascista comunque essi fossero (Discorso davanti alla tomba di don Elio a Rifredi di Firenze nel 1984)]
[Sante: …Poi non solo per questo, ecco, perché durante la Resistenza i Piccoli Apostoli avevano dato un contributo grosso. Perché bisogna pensare che se ci sono stati sei morti, complessivamente sono stati otto anche per altre cause così. Ma erano sei sui 23/24 dei più adulti che c’erano. No, don Enzo? perché gli altri erano bambini.
Don Enzo: Uno di sedici/diciassette anni.
Sante: Si ecco, quindi addirittura quasi un quarto dei componenti, tra cui un sacerdote fucilato: don Monari, che è stato proprio uno dei Fondatori dei Sacerdoti Piccoli Apostoli. Tre in galera per mesi: don Ennio, don Ivo che adesso sta a Carpi e don Arrigo che sta a Nonantola (Archivio Nomadelfia, Storia di Nomadelfia 1984)].
[Don Ennio: E poi dopo c’era quel maestro Martini, che era ricercato; che don Elio Monari aveva liberato dall’Ospedale di Modena e allora dopo lo hanno scoperto e ha dovuto andare e entrare in montagna nei partigiani che dopo lo hanno preso e lo hanno fucilato. È medaglia d’oro don Elio Monari! Perché lui faceva la spola per gli ebrei a Modena ed era in corrispondenza con noi a Nonantola. E noi tre, nel pomeriggio, eravamo rimasti in tre sacerdoti, siamo stati consegnati invece alla S.S. di Bologna per una continuazione di interrogatorio (Archivio Nomadelfia, Storia prigionia preti, 1984).
[Il prete che ci ha avviato alla resistenza è stato don Elio Monari. Era un prete, Piccolo Apostolo che poi diventò il cappellano dei partigiani della montagna e poi fu catturato durante un combattimento il 4 luglio del 44, fu portato a Firenze a Villa Triste, fu torturato e fucilato e gli hanno dato la medaglia d’oro per questo suo coraggioso modo di partecipare alla resistenza non con le armi ma con il suo magistero sacerdotale. Era riconosciuto anche dai comunisti più anticlericali e più senza Dio, perché allora dei comunisti senza Dio anticlericali ce n’erano, come un uomo di grande rispetto. Don Elio Monari si poteva permettere di andare al comando anche di fronte ai grandi capi come Armando e il Commissario Davide a dire…questo…questo…questo non è giusto non dovevate farlo e quelli lì per quanto superbi e a volte prepotenti di fronte a don Elio tendevano a scusarsi, perché da lui il rimprovero lo prendevano.
Poi [oltre a don Elio: vedi sopra] abbiamo avuto altri preti che ci hanno dato un grande aiuto e indirizzo Don Beccari e Don Ennio. Il lavoro che noi abbiamo incominciato a fare non fu quello della resistenza armata. Intanto si trattava di salvare la nostra vita, di non presentarsi ai comandi tedeschi o fascisti perché ci portavano in Germania (…) e se non si aveva una certa carta in mano quando giravi per la strada e le pattuglie ti fermavano “Papir” o avevi la carta giusta o ti portavan via. La carta giusta falsa in cui risultava che mi ero presentato al comando tedesco ed ero a casa con regolare in congedo in attesa di essere chiamato, con tutti i timbri del Komandantur (comando), tutto in tedesco tutto a posto, ma tutto falso, me lo fece avere don Beccari attraverso un’organizzazione clandestina che avevano costituito, sempre loro. E molti giovani che non vollero presentarsi ai tedeschi e ai fascisti ebbero questo documento e potevano circolare, stando attenti, e fare molte cose. Le molte cose che ci dissero di fare don Arrigo e don Ennio Monari (sic!) erano di dare mano ai più poveri di noi: “Siete anche voi clandestini, in pericolo ma gli ebrei sono più in pericolo di voi. Ma i prigionieri alleati che erano fuggiti dai campi di concentramento sono più in pericolo di voi. Questi devono essere quelli che voi aiutate”. E il primo lavoro che ci chiesero di fare fu quello di portare gli ebrei verso la Svizzera, ci procuravano loro le carte d’identità false, ci provvedevano di vestiti, di alimenti, perché era sprovvisti di tutto, ci aiutavano…. ne furono salvati tanti e così di prigionieri alleati. Questo lavoro io non l’ho fatto tanto, non mi fu affidato, don Monari invece mi mandò in giro con delle sue lettere o con delle sue parole d’ordine per collegare tutti i gruppi di giovani di Azione Cattolica della nostra diocesi dicendo: Badate che non dovete presentarvi ai Fascisti e ai tedeschi. “Se non volete presentarvi c’è la maniera di stare uniti e informati”, di formare l’organizzazione clandestina. Questa poi costituì il punto di partenza per l’organizzazione della nostra resistenza cattolica in provincia di Modena.
. Bisogna considerare che in quell’elenco lì c’erano uomini prelevati, quei civici lì che avevano tra i 40 e i 50 anni tutta un’estrazione sociale di valore, uomini che sentivano il bisogno di collaborare a realizzare un mondo nuovo e diverso e buttare all’aria quell’oppressione. E ricordo che noi eravamo a Nonantola dove avevamo formato una centrale clandestina e don Elio Monari era a Modena, era già Assistente dell’Azione Cattolica diocesana e aveva questi giovani che già creavano questo ambiente di resistenza in questo momento di oppressione e ci mandava a far le carte di identità e tutti gli altri documenti e noi, si capisce, di fronte a un’oppressione cercavamo di difenderci, e noi facevamo questi documenti. E da noi arrivavano degli ebrei, parte anche da Firenze e noi facevamo le carte d’identità poi via, in Svizzera (don Ennio a Rifredi tomba di don Elio 1984).]
Don Angelo belloni
[1]Cit. di Marco Galvagno, Don Zeno e Nomadelfia p. 193.