INCONTRO ROTARY BOLOGNA 27.01.2025 ultimo
DON ELIO MONARI E DON ARRIGO
Don Elio Monari 25.10.1913, Spilamberto (Mo)- Firenze 16.07.1944 e don Arrigo Beccari 1909 Castelnuovo Rangone (Mo)14.08.1909 – Nonantola 27. 12.2005
Don Elio Monari figlio di agricoltori mezzadri nasce a Spilamberto di Modena il 25 ottobre 1913 e lo stesso giorno viene battezzato. (1) Formato nel seminario diocesano di Modena dove incomincia a sognare inutilmente di fare il missionario coi gesuiti, (5) viene ordinato sacerdote anticipatamente a 23 anni con dispensa papale(2). Si laurea alla Cattolica in lettere con una tesi sul De Legibus di Cicerone nel 1941. Viene destinato all’insegnamento di lingua e letteratura latine fino al 1943 al collegio di Monteombraro (3) e poi al Seminario Metropolitano di Modena.
Vice assistente dei giovani di Azione Cattolica (G.I.A.C.) delle diocesi di Modena e Nonantola che raccoglie la quasi totalità dei giovani cattolici, (9) scopre tra di essi la propria vocazione e decide e ottiene alla fine dal vescovo C. Boccoleri di spendere in questo ambito tutte le sue energie lasciando anche l’insegnamento. La guerra con i suoi problemi lo lasceranno in mezzo ai giovani ma con ruoli del tutto impensati. Ha la stoffa del leader, è molto perspicace, intuitivo, empatico e concreto ed è sempre presente a Modena e a Roma nelle riunioni importanti anche politiche e resistenziali quando c’è da decidere e da tramare, e non c’è tempo da perdere. Seppe in anticipo a Roma della caduta del fascismo e dell’armistizio dell’8 settembre e in questo senso si mosse per tempo per la salvezza di chi era più esposto, ebrei, militari. Stimato da cattolici e laici e comunisti riesce a collaborare con tutti per la salvezza degli esseri umani perché ha un fortissimo senso della dignità umana e non tollera che venga offesa.
Don Elio e don Arrigo Beccari si incontrano a Nonantola dove sono entrambi insegnanti nel seminario minore nel 1936. Conoscono entrambi don Zeno Saltini, figura di rilievo del clero italiano del primo ‘900, con la mentalità del riformatore, ideatore di Nomadelfia agli inizi soprattutto ricettacolo per bambini e ragazzi orfani, abbandonati o vittime della guerra (7). Egli, don Zeno, frequentava sia il seminario di Nonantola dove c’era don Arrigo Beccari perché il rettore Mons. Pelati lo stimava come un santo mentre gli altri dicevano che era matto, sia il Collegio diocesano S. Carlo di Monteombraro dove c’era don Elio, e lì teneva incontri e ritiri e riusciva a lasciare un segno positivo.
I due preti don Elio e don Arrigo e altri su proposta di don Zeno aderiscono ai Sacerdoti Piccoli Apostoli, parte integrante dei Piccoli Apostoli il movimento nato nel 1931 che cerca di incarnare le idee del fondatore per una riforma anche della vita sociale nel suo complesso. Nella notte tra il 2 e 3 febbraio del 1943 (4) decidono di vivere in modo radicale la vita fraterna di totale condivisione ideale e materiale. Don Arrigo definisce così questa esperienza: “Non era un ‘amicizia comune tra sacerdoti, era un’amicizia particolare, spirituale, profondamente vera… Era un’amicizia tra persone che volevano fare cose concrete che traducessero in pratica il concetto di fratellanza cristiana”. Questo si è visto concretamente in quello che sono riusciti a combinare insieme.
Sottolineo l’importanza di questo gruppo di preti che fu una parte importante di quella organizzazione clandestina di salvezza (Modena Underground Organization) che sorse nel modenese e poi si collegò tramite don Elio ad altre realtà simili presenti in tutt’Italia (6). Don Elio con don Arrigo era legato al numeroso gruppo dei preti appartenenti o simpatizzanti- un settantina? – per i Piccoli Apostoli presenti nelle tre diocesi di Modena, Nonantola e Carpi. Essendo poi vice-assistente della gioventù maschile di Azione Cattolica era in contatto con tutti i parroci e i gruppi giovanili delle diocesi di Modena Nonantola con ruolo indiscusso di leader. Conosceva e incontrava regolarmente a Roma gli assistenti di Azione Cattolica di tutt’Italia e per questo poteva accompagnare regolarmente a Roma e nascondere in Vaticano persone in pericolo. (23) Era poi molto stimato e conosciuto in tanti ambienti compreso quello pubblico e militare e di ciò si servì abbondantemente per raggiungere i suoi scopi. Possedeva anche la qualità della scaltrezza e un certo gusto di giocare gli avversari. Forse aveva fatto proprio un principio di don Arrigo, il quale affermava sorridente che: “Andare contro una legge ingiusta provoca un piacere meraviglioso”. Era la persona adatta per creare e strutturare un’organizzazione del genere. Gli ufficiali inglesi, infatti, che egli salvò a Modena lo definirono persona eccezionalmente coraggiosa. (26) (14)
I problemi giganteschi e urgenti che si presentarono dopo l’8 settembre 1943 e prima ancora con la guerra (11), la miseria (17) assunsero il carattere di priorità agli occhi dei nostri preti in quanto si trattava di salvare la vita di persone destinate alla deportazione, al carcere o alla fucilazione, senza dare troppa importanza al fatto che chi collaborava o aiutava le varie categorie di nemici rischiava la stessa sorte.
La rete clandestina che don Elio aveva già da tempo pensato, sapendo come sarebbero andate a finire le cose, incominciò a far evadere i prigionieri italiani e stranieri dai luoghi di detenzione anche attraverso le fogne, (12) per raccogliere i soldati fuggitivi dalle campagne, per travestire e nascondere oppositori e giovani ribelli da mandare in montagna (20) e poi portare oltre il confine svizzero quanti, tra ebrei e militari stranieri cercavano la salvezza in questo modo.
Don Elio introdusse uno dei suoi giovani come militare della Repubblica nel comando di Modena per poter sottrarre documenti utili invece ai renitenti come, congedi, liberatorie, permessi, licenze ecc. Mandò lo stesso in montagna a fare la mappa di tutte le parrocchie e delle istituzioni e famiglie disponibili all’accoglienza dei profughi. Tante famiglie ebraiche furono sistemate e rimasero ben nascoste presso altre famiglie e istituzioni della montagna modenese anche fino alla liberazione. Una di queste fu quella del Rabbino di Ferrara Leone Leoni che benché rifornita di nuove carte d’identità rimase nascosta nelle campagne modenesi fino alla fine della guerra.
Don Elio che abitava a Modena e don Arrigo e don Ennio del seminario si tenevano strettamente in contatto telefonicamente, tramite messaggi verbali o scritti (raramente), tramite staffette e confratelli preti. Essendo un ciclista eccezionale (10) e poi motociclista (15). – fin che ci fu benzina – don Elio si muoveva molto rapidamente da un capo all’altro della provincia Don Arrigo era invece insegnante in seminario e contemporaneamente parroco di Rubbiara, un paesino nei pressi di Nonantola sperduto tra i pioppeti della campagna. Oltre ad avere già in casa una mamma di adozione con diversi bambini da mantenere e crescere secondo il progetto di don Zeno, nascondere gente in canonica, a possedere una specie di tipografia per stampare il materiale contro il regime egli, si specializzò nelle falsificazioni di documenti e carte d’identità. Un amico di lui, il dott. Biziocchi, fornì a don Arrigo dei timbri del disciolto esercito italiano e della marina militare che servirono per aiutare i renitenti di leva scrupolosamente ricercati. Con l’aiuto di un fabbro don Arrigo trasformò un bullone in un timbro a secco con il logo del Comune di Larino in provincia di Campobasso ormai liberato. È anche un bravo fotografo. Allestisce una camera oscura mobile e così può dare una nuova identità a un sacco di persone con nome e cognome straniero o sospetto o ricercato e quindi non in grado di circolare liberamente e poter fuggire in Svizzera oppure oltre il fronte. Anche don Elio pur avendo il timbro a secco del Comune di Modena, e i documenti di carattere militare direttamente dal Comando militare dall’Accademia si rivolse diverse volte a don Arrigo per richiedere altre carte d’identità. (19) Don Elio poi mandò anche a loro, come a vari preti della montagna diversi gruppi di ebrei provenienti da Firenze a loro volta inviati da un altro prete di Firenze, e questo per la presenza a Nonantola dell’istituzione giudaica di Villa Emma e della DELASEM (Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei) che accoglieva ragazzi e giovani profughi dall’Italia e dal nord ed Est Europa.
In sintesi, coloro che beneficiarono maggiormente dell’aiuto di don Elio e degli altri furono i militari stranieri del Commonwealth fatti prigionieri dai tedeschi, avviati ai lager in Germania riusciti a fuggire da treni o dai campi di prigionia. Costoro non dimenticarono più di essere stati salvati da don Elio, don Rocchi, don Tacoli e dai membri della rete e ritornarono diverse volte dopo la guerra a mostrare la loro gratitudine con 7000 sterline anche grazie alla regina Elisabetta II, costruendo una palazzina nella Città dei ragazzi in memoria di don Elio (22);
[i militari italiani fatti fuggire dai centri di raccolta di Modena, molti giovani renitenti alla leva o allo sbando e avviati ai monti per la resistenza per evitare di essere passati per le armi; gli oppositori del regime impegnati nella organizzazione della resistenza sempre più numerosi e di vari orientamenti politici; I giovani renitenti alla leva anche su consiglio del clero, ma molto sprovveduti che optarono per la resistenza al regime e fuggirono per questo sui monti; soprattutto le persone di origine ebraica che dopo la partenza dei soldati stranieri alla fine del 1943 furono il principale impegno dei nostri preti e dei loro collaboratori. Naturalmente fino a maggio quando la repressione divenne insostenibile e alcune delazioni danneggiarono non poco l’organizzazione].
Poiché per umiltà e per prudenza si evitò sempre accuratamente di parlare e scrivere di cose che riguardassero i membri e l’organigramma dell’organizzazione, non è possibile comprendere tutt’ora chiaramente il ruolo preciso dei vari protagonisti e chi fossero le “talpe principali” di quella che gli inglesi chiamarono “Modena Underground organization”. Si ha comunque l’impressione forte che don Elio dalla sua stanza in San Biagio senza spostarsi più dello stretto necessario, per mezzo dei suoi ragazzi e delle vaste conoscenze riuscisse a tenere le fila di un sacco di situazioni. Don Elio poi era sempre tirato in ballo per i casi difficili o apparentemente disperati. Con lui tutto si risolveva. Qualcuno come il prof. Enrico Ferri con la ricerca di una vita approdata nel suo libro “Il sorriso dei ribelli” ha tentato di disegnare in qualche modo la rete di salvezza. E per quanto riguarda don Arrigo e don Elio, il prof. Ferri ci dice che collaboravano strettamente già l’8 e il 9 settembre 1943 perché facevano entrambi parte di questa commissione che si era formata spontaneamente per il salvataggio dei militari stranieri e dove troviamo le figure principali dell’organizzazione compreso Arturo Anderlini, che come sappiamo fu poi fucilato, (25) per l’aiuto dato ai militari stranieri, a Modena assieme ad Alfonso Paltrinieri il 22 febbraio 1944. Mario Lugli, don Ennio Tardini, don Ivo Rubbiani, don Mario Rocchi membri anch’essi della commissione e figure splendide di educatori furono imprigionati con don Beccari e torturati e miracolosamente si salvarono (41). Don Sante Bartolai, don Mario Crovetti finirono a Dachau e ritornarono più morti che vivi, ma ritornarono. In questo gruppo-commissione c’erano fin dall’inizio anche ebrei antifascisti convinti e rappresentanti di vari orientamenti politici, bolscevichi, socialisti, azionisti, cattolici. E. Ferri scrive un’altra cosa e importante a proposito di questa rete di salvataggio riportando un’affermazione del figlio del dottor Giuseppe Moreali (altro Giusto tra le nazioni assieme a don Arrigo Beccari) Giambattista, che l’aiuto fornito ai militari alleati in fuga dai campi di prigionia “è uno degli aspetti della vasta e lunga attività di salvataggio che comprese anche i ragazzi di Villa Emma e poi ancora altri ebrei provenienti da ogni parte. Quindi il discorso del salvataggio dei ragazzi di Villa Emma va inserito nel più esteso discorso di aiuto ai soldati. C’è la tendenza infatti a separare i vari discorsi dei soldati, degli ebrei, dei partigiani e di altri perseguitati magari facendo riferimento a un personaggio piuttosto che un altro e così anche don Elio e don Arrigo, don Dante, don Richeldi, don Pellegrini e altri preti sembrano un arcipelago formato da tante isole distanti, in realtà la rete clandestina ha potuto funzionare grazie alla sua unitarietà, interdipendenza, estensione e rigorosa disciplina interna dove ognuno doveva rimanere al proprio posto con assoluto autocontrollo. Nessuno da solo avrebbe potuto fare una sola delle azioni di salvataggio neanche la DELASEM da sola. [Da Modena partivano settimanalmente gruppi di persone dirette in Svizzera con accompagnatori, sacerdoti (veri o finti) e laici, suore soprattutto finte, finte guardie ovunque all’arrivo, ragazzi del posto per i collegamenti, quella che sembrava gente comune, partigiani vestiti da poliziotti fascisti, i contrabbandieri veri che chiedevano un sacco di soldi per ogni persona fatta passare, guardie di frontiera che chiudevano non solo un occhio, vedette che preparavano il terreno degli spostamenti, famiglie ospitanti lungo i trasferimenti, ecc.]
Un’altra scoperta di E. Ferri riguarda sempre questo lavoro di don Elio e don Beccari (13). Come sappiamo don Elio, probabilmente con la sua moto Astra 500 era andato a Milano poi a Tirano in Valtellina per trovare con l’aiuto di contrabbandieri una pista alternativa tra i monti per attraversare il confine Svizzero stabilendo anche i costi dei passaggi e le garanzie per i passaggi. Tale via fu utilizzata per due i militari britannici e per famiglie ebree rifugiate e anche per un gruppo di 5 ragazzi di Villa Emma accompagnati da Goffredo Pacifici che il 2 dicembre sera riuscirono ad espatriare (24). Goffredo verrà arrestato il 7 dicembre a Como e deportato e ucciso ad Auschwitz mentre don Dante Sala un altro accompagnatore della rete verrà liberato. Anche lui verrà riconosciuto giusto tra le nazioni. Don Elio non è ancora stato proclamato tale con nostro grande rincrescimento.
La fine di don Elio è tristissima. Artefice della fuga di un partigiano dall’ospedale militare di Modena con travestimento da prete (21) Ormai tradito da uno della rete che gli forniva i timbri a secco del Comune di Modena, scoperto, e ricercato fugge in montagna (25), fa il cappellano militare per i partigiani di tutte le Formazioni- cioè senza schierarsi – cercando di mettere ordine calmare gli esagitati e intemperanti e poter salvare delle vite umane. (27) Arrestato il 5 luglio del 1944 (29)(37) è portato a Villa Triste torturato a lungo, (48) spogliato della sua veste che viene buttata nelle immondizie (58) e poi fucilato il 16 luglio(56) (57)e il corpo occultato con altri 16.I suoi resti vengono ritrovati nel 1956 e sepolti nel 1958. Si aprirà tra poco a Modena il processo di beatificazione e canonizzazione.