Don Elio arrivò da me, don Nino, a Massa di Toano in montagna alla fine di maggio. Arrivò alla mia canonica, ricordo, che era quasi sera. Entrò e disse: “Ormai, a Modena, non ce la facevo più a resistere. Quassù ci sono parecchi dei miei giovani, essi sono in pericolo e non posso abbandonarli. Mi fermo qui: in città non ci ritorno più”. Dopo una decina di giorni dal suo arrivo, don Elio, nel frattempo ribattezzato come tutti i resistenti con il nome di battaglia, ‘don Luigi’, rinunciò a vivere con la Brigata Italia perché ci teneva molto ad essere il cappellano di tutte le formazioni partigiane, indipendentemente dall’orientamento politico, e non soltanto dei cattolici. Infatti anche all’interno delle formazioni di Armando e Davide in pochissimo tempo don Luigi, aveva già avvinto tutti, con la sua simpatia e genialità, la lealtà, la carità e la giustizia riuscendo a sottrarre alla morte sia partigiani che repubblichini. Al suo ricordo anche quei giovani comunisti si infiammavano: per loro era un amico, un simbolo superiore alle divisioni di parte. Don Luigi faceva la spola fra i diversi comandi partigiani e cercava di agire senza fare preferenze di persone. Lo consideravano tutti un prete eccezionale e questo anche per la sua capacità di essere chiaro e franco con chiunque. Don Luigi era davvero l’uomo che ci voleva per far sentire la voce della carità tra tanti uomini esacerbati dalle sofferenze, induriti dalla lotta spietata, divisi da ideologie diverse, violenti ed indisciplinati. Era generoso e coraggioso sul serio e sempre primo nel pericolo e tutti lo amarono.