Materiale didattico pastorale

La lotta per la libertà non nasce all’improvviso

Parlando di don Zeno il senatore comunista Luigi Borsari sosteneva: “Da quella tribuna del cinema di S. Giacomo Roncole, che era così frequentato non solo per il piacere di vedere i film, ma soprattutto perché vi si ascoltava la sua parola… aprì, squarciò l’orizzonte per indicarci che esisteva una verità che era al di fuori della mistificazione fascista e ci sollecitò, ci stimolò a pensare criticamente al fascismo”[1].

Il cinema soprattutto, ma anche il giornalino Piccoli Apostoli oltre ai suoi discorsi sempre nell’intervallo del cinema o in chiesa sono occasioni per sottolineare le esigenze di giustizia e di libertà del popolo.

In una lettera al prefetto di Modena, databile novembre 1938, il podestà di Mirandola rileva che “il contegno oratorio del sacerdote Saltini don Zeno suscita commenti sfavorevoli nell’ambiente fascista” e che “taluni elementi, noti per i loro precedenti politici, approvano l’attività di detto sacerdote “.

Dall’agosto 1939 a don Zeno verrà vietato di tenere i discorsi durante il film e lui evita questa limitazione indicando agli spettatori che il cinema a S. Giacomo Roncole è preceduto da un discorso tenuto in chiesa.

Per di più già dall’ottobre del 1942 cerca di unire i capifamiglia di S. Giacomo nell’Unione dei patres familias. L’organizzazione aconfessionale fa esclamare a qualcuno di “aver superato la Russia”[2] per la condivisione creatasi tra i vari capifamiglia di estrazione culturale e politica diversa.

Don Zeno parla talmente chiaro che, all’inizio del 1943, si legge nella Cronistoria della Parrocchia di S. Giacomo Roncole:

1 gennaio 1943. Al Vangelo della Messa delle ore 11, il Vicario sostituto, don Zeno, davanti ad una folla che gremisce la Chiesa, pronuncia un discorso d’indole sociale: fallimento della borghesia. È seguito con interesse particolare, desta viva impressione, data l’ora politica che si vive.

6 gennaio 1943. Altro discorso poderoso di don Zeno sulla fratellanza universale dei popoli ed esplicita condanna delle vigenti dottrine razziali. Contrariamente alle previsioni di vari, non si hanno conseguenze da parte delle autorità civili-politiche.

Per questo impegno Ilva Vaccari nel suo libro “Il tempo di decidere”[3], gli dedicherà un capitolo, dal titolo: Il precursore.

L’importanza di fare rete

All’inizio del 1943 e precisamente nella notte tra il 2 e 3 febbraio, sette sacerdoti sottoscrivono un documento, che diventa l’atto fondativo dei sacerdoti Piccoli Apostoli. Oltre a don Zeno e a don Luigi Bertè (a cui don Zeno imporrà poi il nome di don Enzo) ci sono 5 sacerdoti della diocesi di Modena: don Elio Monari, don Ennio Tardini, don Arrigo Beccari, don Giuseppe Diaco e don Nino Magnoni. La notte del 22 gennaio precedente, in cui si celebrava il decennale dell’Opera Piccoli Apostoli, si erano ritrovati in quaranta, come si legge nella Cronistoria della Parrocchia di S. Giacomo Roncole: La notte è passata, vegliando, da parte di 40 sacerdoti, carpigiani, modenesi e un piacentino, per studiare la possibilità di realizzare un modo di unirsi per realizzare su vasta scala la ricristianizzazione del popolo ormai tanto assente, benché tutto battezzato, dalla vita vera cristiana. Si conclude con bei propositi, grandi desideri, riconoscimento di dover affrontare il problema, ma senza alcuna conclusione concreta.

Questi sacerdoti che aderiscono o sono simpatizzanti per l’Opera Piccoli Apostoli creano di fatto una rete che va da Carpi (dove ci sono anche Mamma Nina e il fratello don Vincenzo) alla montagna modenese, toccando Casinalbo dove si trova l’Opera Pia Bianchi, Nonantola ecc. Alcuni sacerdoti poi si impegnano ad accogliere nelle canoniche una mamma di vocazione con alcuni ragazzi accolti e perciò i collegamenti necessari con S. Giacomo Roncole specialmente diventano frequentissimi.

Già negli anni precedenti don Zeno aveva frequentato l’Appennino modenese per cercare da mangiare per i suoi figli, tanto che don Eliseo Capitani, parroco di Ciano, aveva composto l’inno dei Piccoli Apostoli e anche “Suona il randagio prete” … non l’organo di chiesa, con la berretta tesa chiede la carità. E da Ciano venivano alcune mamme di vocazione…

I rapporti con il clero modenese derivano soprattutto da mons. Bastai che aveva fatto scuola privatamente a Zeno per conseguire la maturità liceale. Mons. Bastai era Vicario generale della diocesi di Modena e anche insegnante di morale in seminario. Secondo don Ennio Tardini. “lui ogni tanto, specialmente al lunedì, veniva fare la lezione di morale, di teologia morale e non so se il fogliettino dei Piccoli Apostoli veniva dato alla domenica o al sabato. Quindi si vede che lui lo riceveva al sabato o alla domenica e allora lui generalmente veniva in cattedra e aveva questo fogliettino. Allora diceva: “Ohe! di fronte ai volumoni della morale, volete sentire una pagina di Vangelo fresco e vivo? E cominciava a leggere questo fogliettino”[4].

La bozza di Statuto formulata ha affermazioni che sembrano retoriche, ma che invece sono un autentico programma di vita. I sacerdoti si impegnano a immolarsi corpo e anima nel santificare tutte le forme della vita del popolo, percorrendo e precorrendo l’indole e l’esigenza dei tempi.

Oltre a don Monari, altri tre sacerdoti: don Arrigo Beccari, don Ennio Tardini e don Ivo Silingardi (che al momento della firma del documento non era ancora stato ordinato, ma viveva già a S. Giacomo) sono incarcerati e minacciati di fucilazione. Lo stesso don Zeno verrà arrestato e don Luigi Berté dovrà nascondersi perché ricercato.

 

STATUTO DEI “SACERDOTI PICCOLI APOSTOLI”

 

  1. I Sacerdoti Piccoli Apostoli sono sacerdoti secolari che si affratellano con vincolo di parentela soprannaturale, avente gli stessi effetti pratici della parentela naturale, al fine di meglio potenziare la loro attività pastorale, in ordine e conformità alle direttive dei rispettivi Ordinari.
  2. A questo fine si impegnano :
  3. a) a praticare in modo eroico il “Mandatum Novum”, amandosi ed aiutandosi l’un l’altro come veri fratelli;
  4. b) oltre che a non accumulare o conservare beni patrimoniali per sé o per altri, a mettere a servizio delle loro attività pastorali ogni provento economico di cui possono liberamente disporre a norma dei Sacri Canoni;
  5. c) a immolarsi corpo e anima nel santificare tutte le forme della vita del popolo, percorrendo e precorrendo l’indole e l’esigenza dei tempi.

III. Promuovono e dirigono iniziative dell’Opera Piccoli Apostoli, delegando alle singole forme generali concretizzate o da concretizzare uno o più Piccoli Apostoli.

  1. In particolare si assumono la paternità completa sui membri componenti le famiglie dei Piccoli Apostoli, paternità che verrà esercitata in modo speciale da uno o più di loro, scelti d’accordo con i Rev. mi Ordinari.
  2. Vogliono modellare se stessi ed il popolo sulla Divina Figura di Cristo Salvatore, che per restaurare la dignità umana diede la sua stessa vita.
  3. Scelgono come protettori la Vergine Madre e i SS. Apostoli.

VII. I Sacerdoti Piccoli Apostoli formano il Consiglio Direttivo Generale dell’Opera, che è presieduto da uno di loro nominato dal Consiglio stesso; la esecuzione delle delibere del Consiglio è demandata ad un direttore Sacerdote Piccolo Apostolo, nominato dal Consiglio stesso. Questo Direttore si assume di fronte ai terzi ogni responsabilità morale e giuridica derivante dall’esercizio della sua mansione.

Ciascun Sacerdote Piccolo Apostolo promette in coscienza di ritirarsi dall’Opera, qualora non si senta in grado di continuare ad appartenervi. L’Opera si impegna ad assicurargli un aiuto proporzionato alle sue necessità, “donec provideatur”.

 

I fatti

30 luglio 1943

Don Zeno pubblica sul giornalino “Piccoli Apostoli” un pressante invito al popolo ad essere unito e a non disorientarsi a causa della caduta del fascismo. “Finalmente la tirannia antistorica e anticriterio, gonfia di egoismo, violenta, oligarchica e anticostituzionale del fascismo è caduta per sempre. L’ora che attraversiamo è satura di minacciose tempeste. È caduto un regime che ha rovinato l’Italia e incretinita la gioventù.[…] I Padri di Famiglia possono salvare tutto imponendo la loro autorità, la loro regalità, i loro diritti ai figli e alle istituzioni politiche. Siamo tutti battezzati, siamo cristiani. Guai a coloro che credono che esser cristiani significhi essere conigli[5].

Per questo viene arrestato e minacciato di fucilazione. Verrà poi liberato per timore di manifestazioni popolari.

11 settembre 1943

Prevedendo, dopo l’armistizio, l’occupazione tedesca, a Mirandola guida il popolo al deposito dell’ammasso presso i magazzini del Consorzio Agrario e distribuiscono il grano alla popolazione.

19 settembre 1943

Parte verso il fronte di guerra insieme a 25 giovani con lo scopo di attraversarlo: vuole aiutarli a sfuggire all’arruolamento nell’esercito della Repubblica di Salò e alle deportazioni in Germania. C’era il problema di scegliere da che parte stare e fu la scelta di sostenere il governo legittimo dell’epoca.

Poiché in questo giorno avvenne l’eccidio di Boves, viene considerata la data di inizio della Resistenza[6].

1943 26 novembre

Don Zeno dopo aver attraversato il fronte sul fiume Sangro, vicino a Fossacesia (CH), ottiene un lasciapassare per andare a S. Giovanni Rotondo da Padre Pio, dove ha dato appuntamento ai suoi giovani.

 

I Piccoli Apostoli nelle varie formazioni partigiane

BRIGATE ITALIA: Bellodi Geneo, Belluzzi Errante, Casadei Fernando, Contatore Umberto, Luppi Aroldo, Negrelli Giovanni, Orlandini Danilo, Orlandini Valentino, Pescetelli Fausto, Sangiorgio Paolo, Sossa Mario (Zara), Zucchi Mariano

BRIGATA REMO: Enzo Pavan, Elio Sommacal

PARTIGIANI CON TITO: Dante Costantini

NEL LAZIO: Dario Bignardi

CON L’ESERCITO ITALIANO AL SUD: Mario Albertini

SACERDOTI PICCOLI APOSTOLI: d. Arrigo Beccari, d. Nino Bozzoli Malerba, d. Giuseppe Manicardi, d. Elio Monari, d. Ivo Silingardi, d. Ennio Tardini e d. Enzo.

CADUTI PICCOLI APOSTOLI: d. Elio Monari, Paolo Sangiorgio, Enzo Pavan, Elio Sommacal, Dante Costantini.

Ad essi si devono aggiungere: Fernando Casadei, Elio Bacchelli e Alessio Bonfatti (perché si possono considerare vittime indirette della guerra civile e della lotta per la resistenza).

C’è da aggiungere che quasi tutti quelli di S. Giacomo che parteciparono alle Brigate Italia erano “allievi” o collaboratori di d. Zeno e furono inviati in montagna da Negrelli, da Mariano e da d. Enzo: gli Spelta, Ennio Marchi, Giuliano Raguzzoni, Franco Silvestri ecc.

Non esiste una situazione anagrafica precisa dell’Opera P. A. per il periodo 1943-44, ma si può ragionevolmente considerare che i giovani da 16 anni in poi e gli adulti, compresi i sacerdoti, non erano più di 40. Di questi Nelusco era internato in Germania, altri (Cesare, Walter, d. Marchi) malati, altri ancora vecchi e invalidi.

In rapporto a questi dati si può meglio valutare quale sia stato il contributo di d. Zeno e dei suoi figli alla lotta per la libertà.

 

Intanto al Nord

26 ottobre 1943

LA GAZZETTA DELL’EMILIA pubblica un articolo del direttore Enrico Cacciari: PRETI MATTI AL MANICOMIO

È con un senso di profondo stupore e, anche, di profondo dolore che abbiamo letto e dovuto pubblicare quanto precede[7].

Rinfacciamo a questo prete bilioso – ripetiamo prete, non sacerdote – la sua irreligiosa anti-cristiana parola, degna più di un mestatore da bordello o da osterie che propria di un rappresentante di Dio in terra, di un Dio che ha predicato l’amore principalmente ai sordi e ai lontani.

Fosse – e non è – vero che i fascisti furono e sono quelli che il non reverendo Zeno Saltini afferma, ci si consenta ricordare la parabola del figliol prodigo, e ci si consenta una irriverenza: di immaginare le parole del Vangelo tramutate nell’eloquio miserabile di don Saltini: povera cristianità, allora!…

A conclusione, due domande: la Curia di Modena provvede o non provvede alla censura preventiva degli scritti che escono sotto il segno della propaganda religiosa e che, se non erriamo, hanno bisogno dell’imprimatur Vescovile? La Curia non ritiene igienico ed opportuno fare sottoporre il nominato Don Zeno Saltini a visita medica per il suo conseguente ricovero in un manicomio?

Accogliendo questa ultima nostra proposta si farà un gran bene principalmente al signor Don Zeno, che può darsi nutra talune ambizioni politiche più o meno mascherate da un esibizionismo filantropicamente truccato, dannose, oltre che per lui, per il suo prossimo.

E, poiché tra il prossimo ci siamo anche noi più cristiani del pretuncolo di S. Giacomo, chiediamo manicomio in vece di galera.[8]

31 dicembre 1943

La Prefettura di Modena fa un’indagine sull’Opera P. A.

Dalla Relazione si legge:

«L’Arma dei Carabinieri, in data 31 luglio 1943, denunziava il Saltini, a piede libero, al Tribunale Militare, informandone il Comando del Presidio Militare e la Prefettura di Modena la quale in data 10 agosto us. ne riferiva alla Direzione Generale dei Culti e poscia con decreto I Dicembre u. s. revocando la licenza per gestire la tipografia, ne ordinava la chiusura ed il sequestro di tutto il materiale colà esistente, il che venne eseguito nello stesso giorno e in assenza del Saltini […][9]

Allontanatosi, senza più dare notizie di sé, il responsabile della situazione precaria in cui è stata abbandonata la massa di ricoverati, situazione di cui deve temersi il peggioramento stante l’incertezza dei mezzi di sussistenza e il carico dei debiti che potrebbero far mancare il necessario, urge una soluzione radicale che metta al sicuro la massa dei ricoverati»[10].

31 gennaio 1944

Nella “Relazione mensile sulla situazione comunale – spirito pubblico” inviata dal Commissario Prefettizio Alberto Paltrinieri di Mirandola alla Prefettura si legge: «L’attività del clero fiancheggia in linea di massima quella delle autorità locali: […] Solo Don Zeno Saltini, curato di S. Giacomo Roncole, specialmente nell’infausto periodo 25 Luglio – 8 settembre 1943, si è dimostrato tedescofobo e antifascista ed è attualmente irreperibile».

11 marzo 1944

Viene arrestato presso l’ospedale Ramazzini di Carpi Odoardo Focherini. Rimase nelle carceri di S. Giovanni in Monte (BO) dal 13 marzo al 5 luglio 1944, quando fu trasferito nel campo di Fossoli. Il 4 agosto fu spostato poi a Gries (BZ. Morirà il 24 dicembre 1944 nel campo di Heersbruck[11].

15 marzo 1944

Vengono inviate all’Opera Piccoli Apostoli 37 cartoline di servizio di lavoro per la Germania, ma don Luigi Bertè riesce a farle eliminare.

24 marzo 1944

Arresto del maestro Alfeo Martini. Essendo ferito venne portato all’ospedale di Modena, da dove venne fatto evadere da don Elio Monari, con una veste da prete.[12]

10 maggio 1944

Sono andato in montagna il 10 maggio 1944, con una quindicina di giovani, metà dei quali erano quelli di don Zeno, i “Piccoli Apostoli”. […] noi portavamo un fazzoletto tricolore, non con lo scudo crociato, che non sapevamo neanche cosa fosse, ma con una croce stilizzata, che era il simbolo delle pubblicazioni dei Piccoli Apostoli insieme alle iniziali PA.[13] Il comandante “Claudio” (Ermanno Gorrieri)

17 giugno 1944

Nascita della repubblica di Montefiorino[14]

5 luglio 1944

Don Elio, uno dei primi sacerdoti aderenti al gruppo Piccoli Apostoli, poco dopo l’8 settembre 1943 profonde tutte le sue energie nel salvataggio di ex prigionieri alleati ed ebrei, organizzando, in collaborazione coi primi gruppi resistenziali modenesi, centri di raccolta, favorendo il loro trasferimento in conventi romani o al di là delle Alpi. Costretto alla clandestinità nel maggio 1944, quando la sua attività instancabile diventa nota ai repubblichini, don Elio si trasferisce sull’Appennino dove nel frattempo i partigiani hanno costituito la Repubblica di Montefiorino. Qui, con lo pseudonimo di don Luigi, diventa il cappellano del Corpo d’Armata Centro Emilia e, senza mai impugnare un’arma, getta nella lotta le sue grandi doti di mente e di cuore. Catturato dai tedeschi durante l’attacco al caposaldo di Piandelagotti, ai confini meridionali della Repubblica, don Monari è trasferito a Firenze, consegnato agli sgherri della banda Carità, sottoposto a disumane torture a Villa Triste e infine fucilato al Parco delle Cascine il 23 luglio 1944[15]. Venne decorato con la Medaglia d’oro al valor militare.

Settembre 1944

Due tedeschi, alloggiati presso la famiglia Piccinini, in via Serafina, vengono di notte uccisi. Ci si aspetta la rappresaglia da un giorno all’altro. […]

Un giovane, arrestato in seguito a imprudenza di un compagno, è stato torturato. Non sa tacere e gli arresti fanno catena. Al 16 sett. sono arrestati anche tre sacerdoti P. A., d. Ivo Silingardi, d. Beccari, d. Ennio Tardini. Se il dito di Dio non argina l’ondata, si prevede un flagello e un macello.

14 settembre 1944

Secondo il racconto di d. Ennio è la data del suo arresto assieme a d. Arrigo. Era sabato. Furono portati alla caserma dei carabinieri, poi a Mirandola, alla caserma della Milizia. C’erano anche alcuni tra i sei, che saranno impiccati a S. Giacomo e Bertolani. Non c’era ancora d. Ivo, arrestato il 15 settembre.[16]

Furono poi consegnati alla Feldgendarmeria Tedesca e portati a Villa Santi di Campiglio di Vignola. Il loro arresto avviene per la delazione di un certo Tassi.

Le loro colpe sono: aver nascosto Ebrei e averli aiutati a passare in Svizzera (l’episodio più clamoroso è quello dei giovani ebrei ospitati a Villa Emma di Nonantola)[17].

30 settembre 1944

Dalla “Relazione mensile …” di Paltrinieri:

« […] unica manifestazione criminosa, l’uccisione di due militari tedeschi ad opera accertata di estranei alla popolazione del Comune. Come misura di rappresaglia sono stati impiccati questa mattina in frazione S. Giacomo Roncole sei disertori […]».

La rappresaglia tedesca, fattasi attendere per una settimana e più, si presenta brutale. Sei giovani: Barbieri Adriano, Barbieri Nives, Minelli, Zanoli, Campana e Martini sono impiccati ai pali della luce elettrica, con corde. È sabato, giornata bella. Dopo un’ora di ritiro forzato nelle case, i primi che escono vedono la macabra scena.

Secondo il racconto di d. Ennio, nel pomeriggio dello stesso giorno le SS di Bologna vennero a prelevare i tre sacerdoti (d. Ennio, d. Ivo e d. Arrigo) e li trasferirono nel carcere di S. Giovanni in Monte a Bologna.[18]

6 ottobre 1944

A Ponte di Samone una pattuglia di tre partigiani della Brigata Italia, comandata da Gino Giovanardi, soccombe sotto il fuoco dei tedeschi. Uno era Paolo Sangiorgio, Piccolo Apostolo nato a Tormarancia nel 1926.

Le conseguenze del tradimento si fanno sentire. Sia per la natura sua, sia per sospetti già inveterati, sia per l’assenza misteriosa del Direttore, sia per l’ostilità da tempo manifestata, l’Opera è presa di mira, questa volta in maniera decisa.

27 gennaio 1945

A Cavezzo, durante un’azione per distruggere documenti e registri di leva, vengono catturati e impiccati i Piccoli Apostoli Enzo Pavan (nato a Carpi nel 1927) e Elio Sommacal (nato a Belluno nel 1928). Con loro viene impiccato, già morto, anche un giovane comunista: Ermes Saltini.

9 marzo 1945

Nascita della Brigata Italia. Il comandante era Lino (Luigi Paganelli). Al comando di uno dei quattro battaglioni c’era Stefano (Giovanni Negrelli).[19]

22 aprile 1945

Da via S. Liberata spuntano i primi automezzi anglo-americani, attraversano il piazzale dell’Opera e per lo stradello del Cimitero continuano la marcia su Mirandola e il Po. La gioia di tutti è incontenibile: è un delirio, sfogo naturale dell’oppressione tremenda che ormai durava da venti mesi. Campane a festa, cuori esultanti, affratellamento spontaneo. È una pallida immagine del tripudio celeste!

Pare che un militare alleato, arrivato in camionetta tra i primi, chiesto alla popolazione che andava ammassandosi sul piazzale che località fosse dove era arrivato, alla risposta del presenti: “S. Giacomo Roncole” rispondesse: “Saluti da don Zeno” e proseguì…!

25 – 30 aprile 1945

Ritornano i Piccoli Apostoli sparsi un po’ dovunque a causa della guerra. Ritornano anche i giovani dalla montagna, vestiti alla militare, armati. La loro gioia è grande e attendono che si completi con l’arrivo di don Zeno. Il 25 segna la fine della guerra per l’Italia.

1 maggio 1945

Le scritte a striscioni, incollate un po’ dovunque, inneggianti a don Zeno, si staccano causa la giornata umida e piovigginosa. Si sperava di coronare la festa dei SS. Titolari col ritorno di don Zeno, e invece pare che l’attesa sia vana. Quando ormai l’animo si dispone ad attendere ancora altri giorni, verso le ore 15, mentre lentamente piove, arriva sul piazzale un camioncino carico di bimbi. È don Zeno, con una famiglia di Piccoli Apostoli (Bianca P. A.). L’incontro inatteso è davvero impressionante. Ogni descrizione sciuperebbe l’avvenimento. Deo Gratias, hodie et semper!

1945 5 maggio

A Carpi parla al popolo dal balcone del palazzo municipale e lo incita a superare la divisione ideologica per costruire uno Stato più giusto. Lancia lo slogan: “Fê du mucc. Fate due mucchi: chi ha i soldi da una parte, chi non ne ha dall’altra. Giacché siamo la maggioranza, se non ci dividiamo in partiti, andremo al potere senza spargimento di sangue”.

Ripeterà lo stesso invito a Carpi il 22 giugno dopo l’uccisione in carcere, senza processo, di 17 detenuti fascisti avvenuta qualche giorno prima. Percorrerà, parlando instancabilmente al popolo, tutto il modenese, ma un congresso del movimento fissato per il settembre viene proibito. Un altro tentativo fatto nel 1946 per creare il movimento “Per l’umana Solidarietà” viene nuovamente bloccato.

 

Quei cippi che tormento

Quando don Zeno, nel marzo 1945, mentre si trova a Roma, viene a conoscenza, per il tramite di alcuni Piccoli Apostoli che hanno passato il fronte, della morte dei suoi figli, esplode in forti espressioni di dolore:

“Mi hanno ucciso, massacrato come agnelli, dei figli, o mio Gesù.

A tale notizia se il mio cuore non è scoppiato e la testa non si è spezzata dal dolore tu solo mi hai salvato.

Li accolsi da piccini quando quel mondo che ora me li ha uccisi li trascurava e li lasciava nell’abbandono, alla fame, alla strada, denutriti, scalzi, quasi ignudi nel freddo; sfregiati, deturpati, avviliti, mortificati nel corpo e nella educazione, senza una mamma, senza un caldo affetto tra questi crudeli ‘benpensanti’ che per quei tesori di Dio nulla, nulla avevano da sacrificare, nulla volevano restituire dei doni che tu hai creato, cuore, intelligenza, mezzi. Beni tuoi che essi rubano a te ed ai fratelli sofferenti e umiliati.

E come tuo Ministro e come Padre in te di questi gioielli che ci hanno uccisi, maledico dal più profondo del cuore e dell’anima sacerdotali, maledico quel modo infame di vivere persino la mistica, maledico l’omissione della lotta politica che non previene queste crudeltà, maledico la mancanza del dovuto affetto ai fratelli”.

Scrisse Pietro Alberghi nel 1984[20]:

Nella sua modestia don Zeno, pur riconoscendo la partecipazione attiva di molti suoi figli alla lotta contro i nazifascisti (“Non so se l’on. Scelba sappia – affermerà polemicamente il fondatore di Nomadelfia il 12 ottobre 1951 in risposta ad alcune affermazioni dell’allora ministro degli Interni – che i Piccoli Apostoli nel 1943 si sono buttati in lotta per conquistare questo diritto di libertà nella vita sociale e che sono stati impiccati, fucilati sette dei nostri, tra i quali anche don Monari e dei giovani di 16 e 17 anni”), ha sempre negato di aver fatto la Resistenza.

In realtà se è vero che nel settembre 1943, per sottrarsi alle persecuzioni fasciste e soprattutto per portare in salvo i suoi figli soggetti agli obblighi di leva, fu indotto a lasciare la terra natale e a trasferirsi nel meridione, è altrettanto vero che al di qua delle linee egli lasciò una schiera di giovani e di sacerdoti, formati alla sua scuola di altruismo, fratellanza, solidarietà, insofferenti di imposizioni ed ingiustizie, che alla Resistenza modenese recarono un contributo prezioso, insostituibile.

La fraternità fondata sulla giustizia che don Zeno aveva indicato come il cuore del messaggio di Cristo  durante il periodo del fascismo rimane il cuore della sua proposta al popolo anche nel dopoguerra fino a fondare Nomadelfia, la città dove la fraternità è legge. Ma la strada della fraternità non è facile e nel 1953, dopo essere stato allontanato da Nomadelfia, nel libro “Non siamo d’accordo” scriverà:

Quei cippi, «che tormento»! ne incontri dappertutto. Ne incontri in mezzo ai campi, sperduti; ne incontri sulle strade comunali, sulle strade provinciali, persino sulle strade nazionali e sulle autostrade; ed in ciascuno un mazzo di fiori, sempre fresco; ed un lumicino sempre acceso. Persino negli ameni luoghi di villeggiatura.

E i ricchi sono rimasti ricchi, i poveri sono rimasti poveri.

[…] Ma quei cippi…

Un mazzo di fiori freschi, un lumicino sempre acceso. In certe zone quei fiori sono sempre rossi, in altre zone sempre bianchi; ma questo non incide.

Madre, scusa, ma perché vuoi insistere a portare sempre quel mazzo di fiori tutte le mattine?

Perché tutte le sere vai ad alimentare con olio quel lume? Sempre?

Suo figlio respira ancora; e ci guarda tutti e conosce tutti.

Ricchi, camminate in punta di piedi.

Insegnate ai vostri figli che si vive solo di lavoro e non di rendite. Le rendite delle aziende sono destinate, per loro natura, ad essere condivise fraternamente tra i lavoratori, gli invalidi al lavoro per età e malattie; e ad incrementare il progresso.

Li amereste di più i vostri figli. Non condannateli al disprezzo da parte delle future generazioni.

Non illudetevi: il cammino della storia è inesorabile.

 

L’uomo ha una sola strada per salvare anche oggi questo mondo: riconoscere che siamo tutti uomini e tutti uguali… e per noi cristiani tutti fratelli.

 

Prof. Francesco Matterazzo

[1] AA.VV., “Gianni” Luigi Borsari partigiano pubblico amministratore dirigente dell’ANCR, a cura di Luigi Arbizzani e Augusto De Pietri, Carpi, La Litografica, 1985, p. 12.

[2] Bonini, raccontato da don Zeno ai Nomadelfi nel Congresso tenuto a Nomadelfia il 13.10.1962 0D

[3] Vaccari Ilva, Il tempo di decidere, Modena, C.I.R.S.E.C 1968

[4] Don Ennio Tardini a Pian dei Mucini 22 febbraio 1984 – ore 16, racconta con altri le vicende di Nomadelfia

[5] Piccoli Apostoli 28 luglio 1943 (distribuito il 30 luglio)

[6] Per una breve storia sull’argomento si possono leggere i due numeri 6 e 7 di Nomadelfia è una proposta del 1984, con l’articolo di Pietro Alberghi: “Don Zeno e i Piccoli Apostoli nella Resistenza modenese”. I libri che parlano della Resistenza modenese sono moltissimi.

Sulle vicende dei Piccoli Apostoli si devono leggere i libri di Remo Rinaldi, Storia di Nomadelfia e anche alcune pagine del libro di Norina, Mamma a Nomadelfia.

 

[7] Piccoli Apostoli del 30 luglio 1943

[8] L’articolo è del direttore, Enrico Cacciari. Nei suoi confronti venne celebrato dal 14 al 23 dicembre 1946 un processo presso la Corte d’Assise Speciale di Bologna. Prima della sentenza fu intervistato dal giornalista A. Bartole del quotidiano modenese “Unità Democratica”. Disse: “… Di un articolo mi pento: quello scritto contro don Zeno”. L’episodio è citato da BALUGANI R., La Repubblica sociale italiana a Modena, I.S.R.Modena 1990, p. 142

[9] La tipografia viene in parte smontata da don Mariano che riesce ad asportare un tirabozze, un torchietto, dei caratteri e un certo quantitativo di carta. Il torchietto e una parte dei caratteri saranno utilizzati nella canonica di Rubiara da d. Ennio Tardini e d. Arrigo Beccari; il tirabozze e gli altri caratteri finiranno nella frazione di Lago di Montefiorino. Serviranno, fra l’altro, per stampare “La Punta”. (Vedi Nomadelfia è una proposta, XVII, n. 7 – ottobre 1984 e GORRIERI E., La repubblica di Montefiorino, ALPI, Modena, 1975, p. 379))

[10]Gabinetto della Prefettura di Modena in Archivio di Stato di Modena.

[11] Vedi PONTIROLI C. (a cura di), Odoardo Focherini martire della libertà. Il cammino di un giusto. Lettere dal carcere e dai campi di concentramento, Ed. Baraldini, Finale E., 1994; anche LAMPRONTI G., Mio fratello Odoardo, L’Avvenire d’Italia, Bologna 1948

[12] GORRIERI F., La Resistenza nella Bassa modenese. Da iniziativa di minoranze attive a movimento popolare di massa, TEIC Modena 1973, p. 58

[13] Storia Illustrata, marzo 1982, p. 119

[14]Vedi GORRIERI E., La repubblica di Montefiorino, ALPI, Modena, 1975, 3ª ediz. Vedi PAGANELLI L., Don Elio Monari e Chiesa e società a Modena tra guerra e resistenza (1940-1945), Mucchi, Modena 1990

[15] Vedi PAGANELLI L., Don Elio Monari e Chiesa e società a Modena tra guerra e resistenza (1940-1945), Mucchi, Modena 1990

[16] In VACCARI I., op. cit., p. 371, d. Ivo afferma che il 17 settembre fu trasferito a Modena con Zanoli. Per gli svariati tentativi di mons. Dalla Zuanna a favore di d. Ivo, vedi RINALDI R., op. cit., p. 202.

[17] Per questo motivo a Gerusalemme, a Yad Vashem, nel viale dei Giusti ci sono due alberi piantati in onore di d. Beccari e del dr. Moreali.

[18] Tre suore delle Ancelle Adoratrici offrirono la loro vita per la salvezza dei sacerdoti. Sr. Maria Giacomina morì il I ottobre 1944, suor Maria Rosario morì il 30 ottobre 1944 e suor Maria Agostina morì il 5 maggio 1945. Il 3 settembre 1984 a Nonantola d. Arrigo, d. Ivo con d. Ennio e Sante, come testimoni, sottoscrissero la seguente dichiarazione: In un giorno del giugno 1945 siamo andati a Bologna – presso la casa delle Ancelle Adoratrici in via Murri – insieme a don Ferruccio Richeldi, per ringraziare la Rev. Madre Costanza per l’interessamento spirituale avuto nei nostri confronti durante la carcerazione in S. Giovanni in Monte. La Rev. Madre Costanza ha affermato: “Ero sicura che sareste venuti a ringraziare il Signore. Quando ho saputo della vostra detenzione, ho avvisato le Suore. Tre hanno offerto la vita per voi. Tre sono morte, in seguito. Sono le prime suore morte della Congregazione. Una, prima di spirare, ha detto: Reverenda Madre, stia tranquilla perché i tre sacerdoti sono vivi e verranno a ringraziare il Signore, in questa Casa. Don Ennio Tardini era il terzo sacerdote, incarcerato con noi. Egli era già uscito nel novembre 1944.

[19]GORRIERI E., op. cit., p. 640

[20] Pietro Alberghi, Il contributo ideale ed umano di Don Zeno e dei Piccoli Apostoli alla resistenza modenese