Materiale didattico pastorale

Ho pensato di fare un quadro generale del clero modenese e carpigiano nel periodo che ci interessa, [la seconda guerra mondiale]- poi dirò perché -, che ha visto coinvolte queste quattro figure [don Arrigo Beccari, Don Ennio Tardini, Don Elio Monari, Don Ivo Silingardi] di cui questa sera parleremo. Un quadro generale perché di competenze specifiche su queste quattro figure, a parte un po’ su don Elio Monari io non ne ho…. Io invece ho studiato in generale il clero carpigiano e modenese durante la seconda guerra mondiale ed è su questo che parlerò non prima di aver fatto alcune precisazioni. L’idea che ho maturato sulla scia di un grande storico inglese Arnold Toynbee è che la storia è sempre una risposta a delle sfide dunque prendendo come spunto questo approccio vediamo quali sono state le risposte del clero modenese alle sfide che incombevano durante la seconda guerra mondiale e in modo particolare tra il 1943 e il 1945. Precisando che per clero modenese non intenderò il clero della diocesi di Modena Nonantola ma del territorio modenese cioè: Modena Nonantola, Carpi lasciando da parte territori modenesi come Castelfranco E. che facevano e fa parte della diocesi di Bologna.  L’altra cosa che occorre subito sottolineare è il fatto, una coincidenza che il vescovo di Modena Mons. Boccoleri entra nella diocesi Geminiana proprio quando l’Italia entra in guerra. E anche qui occorre dire, per inquadrare il contesto generale, che il vescovo di Modena ha sulla Seconda guerra mondiale un’idea che recupera la tradizione cercando di giustificarla come guerra giusta. Era una cosa abbastanza comune nell’episcopato italiano e non solo ma in quel momento per il vescovo di Modena bisognava giustificare il senso di quella guerra alla quale appunto anche tanti italiani erano stati costretti ad andare a combattere e perfino ad uccidere il nemico. Il vescovo di Modena molte volte nelle sue lettere pastorali, nei suoi discorsi legittima l’intervento dell’Italia nella Seconda guerra mondiale come una guerra giusta, viceversa il Vescovo di Carpi Vigilio Federico Dalla Zuanna forse perché Cappuccino e come discepolo di San Francesco non dice una parola su quella guerra. Quindi anche i diocesani dell’una e dell’altra realtà ecclesiastica hanno idee differenti rispetto almeno a quello che dicono i loro rispettivi vescovi. Tenete conto che all’epoca, dovrebbe essere così anche oggi, i sacerdoti dovevano al vescovo un’obbedienza assoluta. Quando venivano ordinati sacerdoti  dovevano inginocchiarsi e giurare obbedienza al vescovo. Ognuno di loro per rispondere a queste sfide prima di interrogare o lasciarsi interrogare dalla propria coscienza doveva obbedire al vescovo e nell’uno e nell’altro caso abbiamo visto come i vescovi giudichino la guerra. Questo genere di obbedienza non era dovuto soltanto dai sacerdoti ma anche ai laici e soprattutto da quelli che erano dirigenti dell’Azione Cattolica perché anche l’ A.C.  era la pupilla del Papa e dei vescovi, ma era anche era l’unica realtà ecclesiale fra l’altro riconosciuta dal regime fascista i cui dirigenti dovevano a loro volta prestare obbedienza al vescovo. Sono concetti che di fatto subiscono un’accelerazione quando nel 1943 caduto il regime fascista il 25 luglio viene denunciato l’armistizio si capovolge la situazione politico militare perché l’Italia non è più in guerra con la Germania ma ora è in guerra seppur come cobelligerante con gli anglo americani contro i tedeschi quindi la situazione politica militare si rovescia…in questo frangente certamente drammatico c’è un ulteriore passaggio in quanto il vescovo di Modena Boccoleri invita i propri preti a comportarsi come don Abbondio: dice  “una volta tanto comportatevi come don Abbondio” e naturalmente i preti della Diocesi di  Modena avrebbero dovuto ascoltarlo e non fare niente come aveva fatto don Abbondio secondo il racconto di Manzoni. E ancora una volta viceversa nell’altro versante anche in questo caso Dalla Zuanna non dice niente e anche il silenzio è eloquente perché in questa situazione un po’ confusa non solo per l’autorità episcopale ecclesiastica ma anche per tutta la nazione non dire niente si faceva in verità meglio. A questo punto in questo contesto   maturano le scelte che questi preti avevano già in animo nella loro coscienza perché già qualche mese prima dell’8 settembre tutti i preti di cui stiamo parlando sottoscrivono assieme a don Zeno Saltini, a quell’epoca cappellano di San Giacomo Roncole, un patto che rappresenta l’atto costitutivo dei Sacerdoti Piccoli Apostoli. Don Zeno aveva già costituito nella sua parrocchia l’Opera piccoli apostoli ma intorno a questa Parrocchia di S. Giacomo costituisce questa famiglia di sacerdoti, che non sono legati tra di loro, sia di Modena che di Carpi, una cosa molto interessante perché all’epoca le diocesi non avevano solo dei confini immateriali ma anche dei confini fisici per cui a un parroco non veniva mai in mente di andare nella diocesi vicina seppur distante pochissimi Chilometri. Per cui questa Unione dei sacerdoti dai piccoli apostoli, nasce dal basso per unirsi con una famiglia spirituale proprio per dare assistenza a questa opera che don Zeno ha costituito dell’opera piccoli apostoli.  La cosa che è interessante è che in questo statuto dei sacerdoti Piccoli Apostoli i sacerdoti si univano per consacrare se stessi in un servizio ministeriale nuovo, per imbonire le distanza tra il popolo e il clero che comunque ognuno di loro era parroco nella propria parrocchia e aveva in custodia il popolo che Dio gli aveva affidato, questo dava un’identità differente alle stesse parrocchie, perché ognuno di essi nelle loro rispettive parrocchie diventava promotore dell’opera piccoli apostoli che don Zeno aveva fondato a S. Giacomo Roncole quindi una crepe? di realtà periferiche che si unisce all’Opera Piccoli Apostoli tramite i sacerdoti che sottoscrivono questo atto, statuto che viene firmato nel febbraio del 1943, quindi alcuni mesi prima dell’armistizio in quanto  allo scoccare dell’armistizio, questi sacerdoti, che inizialmente sono pochi ma via via aumentano,  sottoscrivono a loro volta il patto costitutivo, si impegnano a imbonire le distanza che li separa dal popolo qui ci viene in soccorso un ragionamento, all’epoca appunto come adesso il termine sacerdote significa persona consacrata, quindi come persona consacrata dovrà essere distante dal popolo, quindi c’è una separatezza tra il prete e i fedeli questa distanza voleva essere colmata dai questi sacerdoti che avevano sottoscritto il loro patto. Tenete conto che ci viene in soccorso lo scritto spirituale di un sacerdote che non fa parte dell’opera p.a. ma è stato maestro di don Elio Monari, don Bergonzini nel suo diario che ogni prete doveva già scrivere dentro il seminario, scrive che per lui l’ideale era stare solo con il Signore, quindi lontano dal popolo, quindi distante dal popolo ma come don Bergonzini tutti gli altri preti, nessuno escluso respiravano fin dal seminario questo ideale di separatezza tra il sacerdote e il popolo che gli veniva poi affidato. C’è un altro aspetto interessante di don Arrigo Beccari che in un’intervista dice che don Zeno non ha vissuto questo stato di separatezza perché è stato poco tempo in seminario, probabilmente una battuta, ma la prendiamo perché ci rivela qualcosa di più profondo vale a dire che anche lui vede in don Zeno quell’ideale di diminuire le distanze tra il prete e il popolo e che è l’ideale dei Sacerdoti piccoli apostoli. Tutto questo lo troviamo ben presente nelle scelte che questi sacerdoti fanno dopo l’otto settembre quando senza soluzione di continuità dapprima, nessuno escluso, mettono i salvo i soldati alleati che sono scappati dai campi dai campi di prigionia nelle prime fasi convulse l’indomani dell’armistizio poi, ripeto, senza soluzione di continuità, costruiscono le reti di salvezza per gli ebrei anche perché, qui la differenza è fondamentale, ora con la nascita della RSI anche il destino degli ebrei è cambiato totalmente, si è passati cioè dalla proscrizione dei loro diritti civili fatto che li rendeva stranieri in patria fin dal 1938, ora nel 43 da stranieri diventano nemici perché appunto i tedeschi hanno invaso l’Italia e l’Italia Fascista di Salò si è alleata coi tedeschi, quindi di fatto l’Italia ha compiuto un salto di qualità anche per quello che riguarda la sorte gli ebrei che  come  nemici vanno uccisi. Perché siamo di fronte ad una vera e propria guerra, non solo gli angloamericani ma anche  con gli ebrei non solo gli anglo americani, il nemico va ucciso. Nel congresso di Verona del P. Fascista Repubblicano che rappresenta l’atto costitutivo, almeno formale della RSI dichiara che anche coloro che aiutano gli ebrei vanno trattati come nemici: nel caso venissero scoperti li attende la morte. Quindi quando Don Arrigo Beccari, Don Ennio Tardini, d. Elio Monari, e più tardi anche don Ivo Silingardi, anche per dire d. B. Richeldi, Odoardo Focherini a Carpi che si mettono ad aiutare gli ebrei. Tutte queste persone che aiutano gli ebrei prima di fare questa scelta sanno benissimo qual è la posta in gioco e che cosa li aspetta la morte, e che per loro potrebbe significare anche la morte. Questo, lo dobbiamo dire perché il martirio – mi pare sia uno dei temi di questa sera – è tale nel momento in cui questa scelta è consapevole, quindi non avviene casualmente, è consapevole, viene fatta rispondendo alle sfide che la storia pone ma viene fatta con coscienza e consapevolezza ed è quello che fanno più o meno tutti questi personaggi  ma di tanti altri potremmo parlare, questi hanno fatto questa scelta. Punto senza soluzione di continuità, prima i soldati angloamericani che sono fuggiti dai campi di prigionia, poi gli ebrei che vanno portati in salvo lontano dall’Italia che è teatro di guerra e lo fanno anche violando consapevolmente la legge quindi falsificano documenti mettendo in moto tutta una catena che vedrà altre persone coinvolte che formeranno queste reti clandestine e poi cercano di portarli in Svizzera che è un paese neutrale. Tutte queste reti per avviare questo processo, che porta poi gli ebrei in Svizzera, al punto finale c’è da corrompere le guardie di frontiera per cui c’è un ulteriore violazione della legge dovranno fare i conti con un invito che ogni singolo vescovo ha loro esplicitamente rivolto che è quello di obbedire all’autorità costituita. Per cui in questo caso corrompere una guardia di frontiera significa di fatto non  obbedire ad un’autorità costituita, violare esplicitamente la legge e lo fanno tutti, nessuno escluso, ancora una volta consapevolmente è l’ultimo anello di questa catena virtuosa che si è innescata per portare la salvezza gli ebrei, ma non solo, poi alcuni sacerdoti non tutti di questi di cui stiamo parlando questa sera, forse contemporaneamente ma sicuramente sovrapponendo l’uno e l’altro impegno aiutano anche la resistenza che si sta formando e si ingrossando via via, anche qui c’è un collegamento molto stretto tra la resistenza di matrice cattolica della bassa modenese che ha una matrice fondamentale e la resistenza che viene attuata nella montagna modenese e i giovani che dovendo sfuggire al bando di arruolamento sono fuggiti in montagna. Qui un aspetto veramente bello don Elio Monari diventa cappellano di tutte le formazioni Partigiane, non solo dei cattolici della Brigata Italia, nessuna esclusa e anche qua lo fa disobbedendo al proprio vescovo il quale di fatto lo ha scomunicato [sospeso a Divinis] nel caso avesse fatto il cappellano. Quindi una disobbedienza ancora più forte: in questo caso non si trattava di salvare delle vite umane ma di dare assistenza spirituale a dei militari, poi don Elio Monari cerca anche di umanizzare il conflitto in corso che è una vera propria guerra civile e come tutte le guerre  civili ancora più terribile, ancora più dura aspra e questo lo fa seguendo niente meno che il Vangelo, il Vangelo che diventa l’orientamento anche di questa sua vita in montagna che poi lo porterà ad essere catturato mentre cercava di salvare, portare soccorso ad un nemico, che per lui non era un nemico. C’è un ulteriore tassello che riguarda non soltanto don Elio Monari tutto questo avviene senza soluzione di continuità perché un’attività non esclude di fatto la precedente, ma per tutti non solo nel caso di don Elio Monari ma per tutti gli altri, il loro impegno, il loro prodigarsi per le vittime della guerra civile in corso li porta chi alla morte, come don Elio Monari, chi all’arresto come gli altri tre preti di cui parleremo stasera don Arrigo, don Ennio, don Ivo, chi come Odoardo Focherini che non ha fatto nessuna di queste attività se non quella di salvare gli Ebrei, a morire in un lager nazista solo per gli ebrei casualmente alla fine del 1944– le coincidenze non sono mai del tutto casuali –: è nel 44 che i tre preti di cui stiamo parlando vengono arrestati, nel 44 don Elio muore a Firenze, nel 44 più o meno intorno a Natale che muore Odoardo Focherini nel Campo di Erfurt. Cerco di concludere con le parole di questi protagonisti, almeno dei tasselli che ci sono rimasti. Una suora della comunità di Samone di Guiglia ha scritto nel suo diario. “Come si farebbe in momenti così brutti senza sacerdote?”. La domanda può essere idealmente riferita a tutti i preti di cui abbiamo parlato questa sera. Ma la risposta all’interrogativo sollevato da questa suora può venire dalle parole che Odoardo Focherini che è uno in realtà dei pochi che ho studiato a fondo, che scrive alla moglie mentre è nel campo di concentramento: “Morale alto, immutata fiducia nella provvidenza che tutto regola e governa anche se noi vediamo diversamente”. A Bolzano che è la seconda tappa a cui approda dove transita ribadisce: “Fiat voluntas Dei, Sia fatta la volontà di Dio, Mariolina e con immutata certezza, che tutto dobbiamo donare con generosità, accettiamo con animo il più sereno possibile la croce [questo è il martirio] e se verrà pesante avanti”. In questo avanti c’è la teologia di Odoardo Focherini ma c’è anche l’idea di Dio che ama i preti: Don Arrigo Beccari, Don Ennio Tardini, Don Elio Monari e Don Ivo Silingardi che li ha portati a compiere quelle scelte e tradurle in una carità fattiva verso il prossimo, il resto è il Vangelo.