Io Maggiore Peter Lewis, della Royal Air Force britannica (RAF), ricordo che Don Monari durante gli anni della guerra lavorava indefessamente a favore di noi militari Alleati, dei partigiani e degli Ebrei fuggiti. Con il suo aiuto fu fatta un’Organizzazione che procurava abiti, alloggio e cibo ai prigionieri. Dei corrieri mantenevano il collegamento fra i vari cittadini implicati nell’ Organizzazione, rischiando quotidianamente la propria vita, allo scopo di condurre i fuggitivi dalla provincia alla città; alle guide era, invece, affidato il compito accompagnare i prigionieri verso sud a Roma, o verso Nord, in Svizzera, attraverso le Alpi. Si riuscì a riprodurre carte d’ identità ed a organizzare un servizio medico e odontoiatrico; un servizio notizie fra i nascondigli ci metteva al corrente dei progressi degli alleati al Nord. Vi furono infiltrazioni persino all’ Ufficio Postale, dove veniva controllata la posta di provenienza italiana ed indirizzata ai Tedeschi, allo scopo di sapere se qualche nascondiglio fosse stato rivelato.
Nel giro di quattro mesi i coraggiosi cittadini modenesi aiutarono non meno di duecentocinquanta prigionieri di guerra scappati – inglesi ed appartenenti ai territori invasi dai fascisti- a raggiungere la Svizzera, Roma o le forze partigiane. Furono mesi di terrore perché Tedeschi e fascisti erano fermamente decisi a distruggere l’Organizzazione.
Nessun uomo fu più coraggioso, nessuno rischiò maggiormente di uno dei preti, don Monari, nessuno subì una fine così violenta come quella del prete trentenne. La loro salvezza è dovuta al suo impegno durato tutta la sua vita; eppure anche durante quegli anni così travagliati non si dimenticò di un’ambizione che aveva avuto sin da ragazzo. Voleva costruire a Modena una Città dei Ragazzi, dove i ragazzi avrebbero potuto apprendere qualcosa sulla bontà, sulla giustizia, sull’onestà e sulla libertà lontani dalle strade e dai marciapiedi. Almeno una volta alla settimana, nel mezzo del suo lavoro per l’Organizzazione, aveva l’abitudine di parlare della Città dei ragazzi con Don Rocchi e Don Grandi, altri due preti che collaborarono alla fuga dei prigionieri. Era fatto consueto immaginare don Elio in piedi nel mezzo di quel terreno inutilizzato che lui stesso e Don Rocchi avevano individuato in periferia a Sud-Est di Modena. Una volta instauratasi, finalmente, la pace, quel terreno sarebbe diventato il luogo in cui costruire la loro tanto desiderata Città dei Ragazzi. Don Monari non visse a sufficienza per vedere il suo sogno avverato ma fu la sua determinazione a portare alla posa della prima pietra e, nel 1946 i suoi amici don Rocchi e don Grandi, insieme con altri tre preti – don Orsini, don Bartoli e don Ronchetti – tracciarono il progetto preliminare della Città dei Ragazzi di Modena.