Testimonianze

“Questa non è mica una messa di suffragio. Questa messa la diciamo per noi che siamo dei sopravvissuti. Perché don Elio e i suoi 16 e tutti gli altri che hanno dato la vita in un trauma, in un caos sociale e politico come quello in cui ci siamo trovati nell’ultima guerra hanno seguito, risposto, alle parole di Cristo: “La cosa più grande al mondo è di dare la vita per i propri amici”. Quindi con la fucilata (fischio) son partiti nell’abbraccio del Padre e oggi insieme al Padre anche loro sono qui nella certezza e a domandare a noi che cosa è valso il nostro sangue dopo quarant’anni? Per che cosa l’han data loro la, vita; forse l’avremmo fatto anche noi perché solo un vigliacco di fronte a queste oppressioni quando i deboli, coloro che sono limpidi e puri e desiderano un mondo più sano e pulito si trovano così in questo trauma e nel bisogno di difendere i fratelli che sono perseguitati per forza ci saremmo buttati. Non è che noi ci facciamo degli eroismi. Per i cristiani in particolare, voi che siete presenti, siete cristiani, penso che abbiate questa fede, è normale dare la vita quando è necessario. Perché dovrebbe essere il quotidiano nostro, dare la vita per amore di Dio e per i fratelli. Poi arriva il momento del dramma e va bene…sparata… Ora quindi ci domandiamo noi qui, e sono tutti presenti …nella comunione dei santi don Elio con gli altri 16 con tutti gli altri che han dato la vita in Dio sono tutti presenti, tutti gli altri sono qui presenti sono dei martiri degli eroi, noi diciamo dei santi: quando uno ha dato la vita è pulito tutto, è il massimo, loro han fatto la cosa più grande, dare la vita. Domandiamo a noi: cosa abbiamo fatto dopo quarant’anni, a che punto ci troviamo: per che cosa han dato la vita? Per i valori più profondi della dignità umana, libertà, giustizia fraternità. E la realtà che diciamo storica è che don Elio, noi parliamo di lui perché abbiamo conosciuto lui. Noi veniamo da Modena, noi veniamo da Nomadelfia, lui è stato un po’ polivalente perché era un tipo effervescente, un po’ vulcanico. Dovunque c’era da prendere [c’era bisogno] come lievito evangelico lui si buttava. E siccome a S. Giacomo Roncole don Zeno senza dubbio era il sacerdote più in vista, più valido, più aperto, più nuovo, più fresco, che lanciava ormai il popolo sulle linee di riprendere da capo e anche sulla difesa dei diritti del popolo, dell’uomo… Questi valori… Aveva incominciato subito con i più rovinati: il bambino abbandonato, rovinato e trascurato dalla civiltà ancora vigliacca e selvatica e anche specialmente da coloro che rappresentavano allora questa civiltà. Era diventata un’oppressione. I deboli erano sempre, nei governi prepotenti, i deboli sono sempre emarginati. Con i più forti, il super uomo, la super nazione, la super razza, ubriacati. Allora per forza una reazione a tanta alterazione dei valori della persona umana. Mi ricordava qui don Rocchi che a S. Giacomo è venuto la prima volta in tandem con don Monari. E noi sacerdoti eravamo ancora freschini, i giovani hanno i valori ancora freschi della vita non si è ancora presi nel carrello e nella routine dell’inquadramento e il giovane ancora reagisce fin che può a una società falsa e vigliacca. E allora anche noi sacerdoti eravamo ancora giovani e don Zeno rappresentava il punto, l’irradiazione nuova, il ringiovanimento, e anche una concretezza del Vangelo. Mi ricordo che io dicevo noi va bene in seminario abbiamo studiato il Vangelo ma dobbiamo cercare chi lo vive. Qui si è visto sui libri e là lo vedo in una persona che lo realizza e allora ci siamo uniti insieme poco alla volta e ricordo che nel 43 don Zeno mentre diceva al popolo bisogna fraternizzarsi disse: voialtri preti, noialtri preti chiamiamo il popolo a fraternizzarsi ma noi cosa facciamo? E allora prima fraternizziamoci fra noi preti e dopo dalla nostra fraternità proietteremo sul popolo questa onda di unione insieme. Lui ha fatto nel ‘43 l’Unione dei Sacerdoti piccoli Apostoli e don Elio Monari è uno dei sette dei firmatari che ha firmato; c’era già il fermento. Ecco perché all’arrivo dell’ultima fase violenta e feroce della tirannia per forza si è creato il bisogno di creare questa rete clandestina per difendere ebrei, perseguitati politici, ragazzi che non volevano arruolarsi nell’esercito repubblichino e chiunque insomma si sentiva indifeso e perseguitato e antifascista comunque essi fossero. Bisogna considerare che in quell’elenco lì c’erano uomini prelevati, quei civici lì che avevano tra i 40 e i 50 anni tutta un’estrazione sociale di valore, uomini che sentivano il bisogno di collaborare a realizzare un mondo nuovo e diverso e buttare all’aria quell’oppressione. E ricordo che noi eravamo a Nonantola dove avevamo formato una centrale clandestina e don Elio Monari era a Modena, era già Assistente dell’Azione Cattolica diocesana e aveva questi giovani che già creavano questo ambiente di resistenza in questo momento di oppressione e ci mandava a far le carte di identità e tutti gli altri documenti e noi, si capisce, di fronte a un’oppressione cercavamo di difenderci, e noi facevamo questi documenti. E da noi arrivavano degli ebrei, parte anche da Firenze e noi facevamo le carte d’identità poi via, in Svizzera. Così per sommi capi come è venuto questo momento e poi sapete com’è…non c’è bisogno di dire molto perché so che state preparando una monografia mi sembra su don Elio… Vedrete voi stessi insieme quello che ha fatto lui e quello che hanno fatto tanti altri, tutti quelli che sono i partigiani e che più che partigiani sono degli uomini che hanno resistito a una violenza politica, ad una violenza economica, una violenza sociale tutte quelle differenziazioni che dividono gli uomini invece di un cammino verso la famiglia umana, verso l’unità del genere umano. Quindi noi oggi ci domandiamo: da questo sangue versato da questi giusti è nato un mondo diverso? Sentite, No! Chi vuol creare un mondo diverso è clandestino oggi come allora. E ancora la politica di oggi non è la politica per la quale han dato la vita loro. E badate che far della politica, io parlo a dei cattolici, a dei cristiani, dopo la religione l’impegno più grave è quello di fare della politica. Se si ritirano sono dei vigliacchi, perché la politica è difendere l’uomo nella sua dignità. E la politica è quella del Vangelo. Vedete come Cristo con due parole ha descritto la vera politica da distinguere dalla falsa politica. Coloro che governano dominano, coloro che hanno in mano il potere comandano, ma voi non così, il primo di voi, il più responsabile sia il servo di tutti. È un Servizio alla comunità sociale, allora agli ultimi in un certo senso. Vedete come Cristo ha rovesciato questo è il servizio dell’amministrazione pubblica al popolo. Invece noi…uno sopra l’altro, tutti i privilegi, con una politica di sopraffazione, divisi politicamente, divisi religiosamente, vediamo che è la civiltà che puzza, c’è ancora il selvatico, l’oppressione. Quindi oggi dopo quarant’anni gli stessi valori per i quali loro han dato la vita e noi dobbiamo continuare nella stessa battaglia, direi di fermentare e di dire qui, bisogna cambiar rotta. So che don Zeno ha detto fin dall’inizio del suo apostolato nel popolo, intorno a lui ci siamo uniti tutti noi e oggi dobbiamo essere qui proprio in questo cimitero guardandoli in faccia questi volti che vengono a noi sorridenti e ci confortano a continuare però la loro battaglia. Il mondo ha bisogno di liberarsi da tutte le oppressioni politiche, economiche, sociali. Davanti a Dio siamo una sola famiglia. E di immettere nella politica questi valori. Allora il cristiano incomincia a farsi valere anche in campo sociale e politico se no tradiamo e come tremila anni fa, dice il salmo: “nel disordine e nel caos emergono i peggiori”, emergono sempre. Quando noi un po’ da vigliacchi ci ritiriamo in casa nostra, il popolo si ritira e continua ad essere minorenne invece di diventare maggiorenne e non consegnarsi in mano, perché dice la Sacra Scritture: maledetto l’uomo che si confida in mano, si consegna in mano…perché sono dei briganti perché quando c’è il potere c’è sempre la tentazione di dominare, quindi bisogna controllare. Nella democrazia diretta è il popolo che deve farsi maggiorenne. Questi valori sono, i valori per i quali hanno dato la vita per realizzare una società giusta, pulita, sana. Noi siamo qui, Nomadelfia è nata, c’è, noi siamo stati irrorati da questo sangue alle radici. Quando andiamo a cercare, ricordiamo anche gli altri che sono stati impiccati a San Giacomo, gli altri 6; ricordare il 29 settembre, ho visto sugli avvisi. Don Zeno si piegava a baciare e vedere e con la voce commossa diceva: non dovevate morire voi giovani, società vigliacca, mandano sempre i giovani ad ammazzarsi. Padri noi vigliacchi mandiamo i figli, fin ch’è così il mondo non cambia sarà sempre un caos e un delitto, una strage degli innocenti; allora baciava e diceva avremmo dovuto andare noi padri a morire noi siamo dei sopravvissuti abbiamo mandato i nostri figli innocenti, più puri, più limpidi, forse Dio ha accettato il loro sacrificio, la loro immolazione, ma noi da questo caos sociale e politico, dovevamo andare noi a morire per loro, e piangeva. Noi adulti pensiamoci, siamo padri… Vedete questa nuova generazione com’è spaesata com’è conturbata com’è allo sbaraglio, non trova dei valori. Se la realtà sociale non è peggiorata poco ci manca e quindi è inutile che noi facciamo delle commemorazioni per dire che siamo brava gente. Noi dopo quarant’anni lasciato che purtroppo il campo sociale e politico, e loro poveracci, – lasciamo stare chi ha il potere e non diamo sempre la colpa a chi ha il potere in mano, – ma se ci fosse stata una maggiore collaborazione da parte di tutta la società e del popolo a controllare chi ha il potere in mano certamente le cose non andrebbero così male dobbiamo mandare avanti i gli onesti, i saggi, i sapienti, altro che i briganti nella vita pubblica e sociale. E allora da questo sguardo dopo quarant’anni trovarci ancora insieme a vedere questo sangue versato da questi uomini giusti, sani e giovani dobbiamo dire: bisogna continuare la battaglia. Mentre noi ringraziamo questi nostri figli, questi nostri, fratelli che han dato la vita per questi valori, sulla loro immolazione sul loro sangue dobbiamo fare quasi un giuramento, una promessa a Cristo il primo martire dell’oppressione e ingiustizia umana, il sangue di questi martiri se unito al sangue di Cristo [è] per la salvezza del mondo intero. Allora buttiamoci nella realtà sociale in cui ci troviamo non stiamo solo a lamentarci dei disastri a cui assistiamo ma cerchiamo di reagire e di creare un mondo nuovo” (Cimitero di Rifredi Fi, 40° della morte di don Elio. Intervento di don Ennio Tardini durante la S. Messa davanti alla tomba. Registrazione presente nell’Archivio di Nomadelfia.)