Una delle cose più importanti del nostro impegno antifascista bisogna andare a cercarlo in don Zeno, nei Piccoli Apostoli. Perché ce n’erano tanti di loro in mezzo a noi. Perché tanti di quei Piccoli Apostoli preti furono quelli che ci insegnarono che bisognava farla questa resistenza, ci insegnarono in che modo andava fatta: senza odio, senza violenza, con spirito di altruismo, per servire il prossimo, per servire i fratelli, per costruire un mondo dove ci fosse più giustizia, più libertà. E allora abbiamo detto, beh lasciamo andare tutte le altre cose e per noi ricordare i quarant’anni vuol ricordare che cosa ha rappresentato per la resistenza modenese l’impegno che in quegli anni hanno saputo realizzare i Piccoli Apostoli sia laici che preti. […]
Quando noi della città di Modena che non conoscevamo don Zeno, noi ragazzi della FUCI dell’Azione Cattolica indirizzati da don Elio Monari, quello che sarà poi decorato di medaglia d’oro al valor militare e che apparteneva ai Piccoli Apostoli, venimmo avvicinati da lui e attraverso di lui avemmo contatto con don Zeno e i ragazzi Piccoli Apostoli alcuni di loro vennero con noi nelle nostre formazioni clandestine in pianura, Brigata Italia Pianura, e poi nei nostri reparti in montagna, Brigata Italia Montagna, ci rendemmo conto che questi ragazzi di don Zeno avevano qualcosa che noi non avevamo, era disponibili al servizio, a dare una mano, c’era un ammalato si offrivano volontari per assisterlo c’era da fare un servizio di pattuglia molto pericoloso, molto faticoso…
Il prete che ci ha avviato alla resistenza è stato don Elio Monari. Era un prete, Piccolo Apostolo che poi diventò il cappellano dei partigiani della montagna e poi fu catturato durante un combattimento il 4 luglio del 44, fu portato a Firenze a Villa Triste, fu torturato e fucilato e gli hanno dato la medaglia d’oro per questo suo coraggioso modo di partecipare alla resistenza non con le armi ma con il suo magistero sacerdotale. Era riconosciuto anche dai comunisti più anticlericali e più senza Dio, perché allora dei comunisti senza Dio anticlericali ce n’erano, come un uomo di grande rispetto. Don Elio Monari si poteva permettere di andare al comando anche di fronte ai grandi capi come Armando e il Commissario Davide a dire…questo…questo…questo non è giusto non dovevate farlo e quelli lì per quanto superbi e a volte prepotenti di fronte a don Elio tendevano a scusarsi, perché da lui il rimprovero lo prendevano.
Poi abbiamo avuto altri preti che ci hanno dato un grande aiuto e indirizzo: Don Beccari e Don Ennio. Il lavoro che noi abbiamo incominciato a fare non fu quello della resistenza armata. Intanto si trattava di salvare la nostra vita, di non presentarsi ai comandi tedeschi o fascisti perché ci portavano in Germania (…) e se non si aveva una certa carta in mano quando giravi per la strada e le pattuglie ti fermavano “Papir” o avevi la carta giusta o ti portavan via. La carta giusta falsa in cui risultava che mi ero presentato al comando tedesco ed ero a casa con regolare in congedo in attesa di essere chiamato con tutti i timbri del commandantur (comando) tutto in tedesco tutto a posto, ma tutto falso, me lo fece avere don Beccari attraverso un’organizzazione clandestina che avevano costituito, mi dice don Ennio, sempre loro. E molti giovani che non vollero presentarsi ai tedeschi e ai fascisti ebbero questo documento e potevano circolare, stando attenti, e fare molte cose. Le molte cose che ci dissero di fare don Arrigo e don Ennio Monari (sic!) erano di dare mano ai più poveri di noi: “Siete anche voi clandestini, in pericolo ma gli ebrei sono più in pericolo di voi. Ma i prigionieri alleati che erano fuggiti dai campi di concentramento sono più in pericolo di voi. Questi devono essere quelli che voi aiutate”. E il primo lavoro che ci chiesero di fare fu quello di portare gli ebrei verso la Svizzera, ci procuravano loro le carte d’identità false, ci provvedevano di vestiti, di alimenti, perché era sprovvisti di tutto, ci aiutavano…. ne furono salvati tanti e così di prigionieri alleati. Questo lavoro io non l’ho fatto tanto, non mi fu affidato, don Monari invece mi mandò in giro con delle sue lettere o con delle sue parole d’ordine per collegare tutti i gruppi di giovani di Azione Cattolica della nostra diocesi dicendo: Badate che non dovete presentarvi ai Fascisti e ai tedeschi. “Se non volete presentarvi c’è la maniera di stare uniti e informati”, di formare l’organizzazione clandestina. Questa poi costituì il punto di partenza per l’organizzazione della nostra resistenza cattolica in provincia di Modena ( Archivio Nomadelfia)